Bancomat, la clonazione è frode informatica
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7 Maggio 2011
Lo ha deciso la Cassazione con sentenza n.17748/11, rendendo così applicabili le sanzioni più severe previste da questa fattispecie a chi manomette atm e carte
Pene più severe per chi clona le carte. La Cassazione, con sentenza n.17748/11, ha stabilito che la clonazione rientra nella frode informatica, rendendo così applicabili le pene più severe previste per questa fattispecie. Una sentenza che segna un ulteriore passo avanti nella lotta alle violazioni ai dispositivi atm e permette una maggiore tutela degli utenti delle carte di pagamento.
La frode informatica è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico con la legge n. 547 del 23 settembre 1993, rappresentando un importante adeguamento del diritto al contesto socio-economico che andava sempre più utilizzando sistemi informatici. L’art. 640-ter nel capo II del titolo XII del Codice Penale tra i ''delitti contro il patrimonio mediante frode'' prevede che “chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a se o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 1032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1549 se ricorre una delle circostanze previste dal n.1 del secondo comma dell’art. 640 ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema. […]”.
La Corte, chiamata a giudicare due soggetti che avevano effettuato diversi acquisti dopo aver manomesso degli atm e clonato le carte, ha ritenuto tale condotta assimilabile a chi, entrato in possesso delle password necessarie per accedere a sistemi informatici bancari, utilizzi tali elementi per procurarsi un ingiusto profitto.