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23 Aprile 2024 / 06:38
Basta Parmesano online! Sottoscritta la Carta dell'e-commerce Made in Italy

 
Fintech

Basta Parmesano online! Sottoscritta la Carta dell'e-commerce Made in Italy

di Mattia, Schieppati - 27 Luglio 2015
Mise, Indicam e Consorzio Netcomm propongono uno strumento di controllo e intervento contro il proliferare sull'online di merci contraffatte spacciate per "fatto in Italia". Si fa serrata la lotta contro i falsi salumi, mozzarelle di bufala e aceto balsamico, scarpe e vestiti non autentici ...
Primo dato. Dopo Coca Cola e Visa, “Made in Italy” è il terzo marchio per notorietà al mondo. Secondo dato: stando all’Internet Export Report Google-Doxa, il 31,5% di fatturato dell'export delle Pmi che vendono Made in Italy proviene da e-commerce, mezzo che permette di raggiungere un bacino di utenza elevatissimo e variegato e di presentarsi sul mercato internazionale senza intermediazione. Molto bene. Ma questi due dati rappresentano una combinazione (e un'opportunità) molto allettante per chi, sotto l'insegna del fatto in Italia, spaccia prodotti che di italiano hanno a malapena il nome (dal “parmesano” alle scarpe), e lo fa in maniera assolutamente agevole e spesso impunita attraverso i canali del web, sulle migliaia di piattaforme di e-commerce che, fino ad oggi, non si sono attrezzate per determinare se un dato paio di occhiali era fatto davvero nel Veneto piuttosto che in Corea, o se la mozzarella di bufala venga dalle pendici del Vesuvio piuttosto che dal Guatemala.

Un business da 2 miliardi

Restando all'agroalimentare, solo nel 2014 ci sono state oltre 160 operazioni per bloccare il commercio in rete di falso "made in Italy", per un giro d'affari di più di 50 milioni di euro. Tra i prodotti più contraffatti e venduti come originali in rete ci sono i più famosi vini italiani, i formaggi Dop e l'aceto balsamico, i salumi e la mozzarella di bufala. Cambiando categoria merceologica e passando a quella delle calzature, Assocalzaturifici stima che il fatturato perso ogni anno a causa del falso venduto online oscilla dai 190 e i 240 milioni di euro, e si arriva a due miliardi negli ultimi 5 anni se si sommano falsi di categorie come accessori moda e persona, gioielleria, pelletteria e occhialeria.

La Carta contro il falso

A mettere un freno a questa emorragia senza fine di prodotti protetti da diritto d'autore, ma soprattutto rappresentativi di una qualità e di un saper fare unico (e che il mercato parallelo dei falsi rischia di svilire agli occhi del mondo) ci prova la Carta Italia per “lo sviluppo di best practices per contrastare la contraffazione online”, il documento sottoscritto la scorsa settimana dal Ministero per lo Sviluppo Economico, Indicam (istituto che riunisce i titolari dei diritti) e Consorzio Netcomm (l'associazione che riunisce i fornitori di contenuti online, tra cui merchant e piattaforme di e-commerce - qui l'elenco completo) a porre in opera misure che consentano «l’individuazione delle offerte relative a prodotti non autentici anche prima della loro messa online, nonché a prevenire il ripetersi di tali offerte» dice il documento. Questa iniziativa rappresenta “un’occasione importante per la tutela non solo dei consumatori, ma anche delle imprese del Made in Italy che vendono sul mercato internazionale”, ha detto il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari, tenendo a battesimo l'accordo, aggiungendo che con esso “l’Italia diventa il secondo Paese in Europa - dopo la Francia - a offrire tutele di sicurezza dei prodotti non contraffatti sul web”.

Cosa prevede la Carta?

Per la prima volta in Italia sono stati infatti assunti dalle parti impegni stringenti per mettere un freno al mercato illegale del falso Made in Italy online: sono infatti responsabilizzati i titolari dei diritti, che dal lato loro sono chiamati a fornire tutte le informazioni utili per identificare i prodotti non originali e individuare quegli elementi distintivi dei venditori che potrebbero immettere prodotti falsi sul mercato. Sono soprattutto responsabilizzati i merchant, che dovranno utilizzare queste informazioni per riconoscere i prodotti non originali e ovviamente non li venderanno. Si impegnano quindi le piattaforme, che in primo luogo veicoleranno le informazioni e poi interverranno nel modo ritenuto più opportuno per evitare che vengano venduti prodotti non autentici: informando il venditore e se necessario anche bloccando l’account del venditore stesso.
«Stimiamo che il comparto dell'e-commerce di prodotti Made in Italy crescerà quest'anno del 15%, e raggiungerà oltre 15 miliardi di euro di fatturato. Nel firmare questa iniziativa intendiamo sostenere la qualità dei prodotti venduti online, soprattutto quelli di punta del Made in Italy, che sono oggetto di gravi violazioni sia sulla rete sia nel mondo fisico» ha dichiarato Roberto Liscia, presidente di Netcomm, commentando l'accordo, e ha aggiunto: «È però anche opportuno, in questa sede, sottolineare come l’online possa mettere in atto dei propri “anticorpi naturali”, ovvero come venga esercitata dai consumatori, soprattutto tramite i social, una rete di commenti anche negativi che isolano subito i venditori non virtuosi. Questi vengono “respinti” dal sistema e sono oggetto di feroci critiche e interventi da parte dei regolatori e dei media. C’è, quindi, una sorta di intelligenza collettiva che porta a premiare il merito e isolare chi tende a non comportarsi bene, a tutto vantaggio dei consumatori e del settore».

Le iniziative dei grandi marketplayer

Anticorpi che già alcuni grossi big del settore e-commerce stanno provvedendo a innestare, consapevoli che l'avanzare del fenomeno del falso rischia di compromettere il rapporto di fiducia che li lega ai propri clienti, oltre all'alzata di scudi dei produttori che vengono così depredati del proprio "marchio di fabbrica" anche reputazionale. Il cinese Alibaba Group, per esempio, ha pubblicato una lista di circa 5.000 brand e distributori approvati preventivamente dall’azienda e dunque ritenuti sicuri. Mentre eBay, altro grande marketplace questa volta di sponda statunitense, si impegna a tutelare le aziende proprietarie di marchi attraverso il «Programma Ve.R.O», che ad oggi conta oltre 40 mila brand e titolari dei diritti di proprietà intellettuale, e permette ai suoi partecipanti di segnalare le inserzioni eventualmente in violazione e richiederne la rimozione.
Un impegno a tutto tondo, quello per l'e-commerce di Made in Italy autentico, che ha visto in quest'ultimo mese muoversi in maniera decisa sia il Governo che le grandi associazioni di categoria. Proprio la scorsa settimana, intervenendo presso l'assemblea generale di Coldiretti, il Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina ha dichiarato che il suo ministero «è l’unica istituzione al mondo ad avere protocolli di collaborazione con colossi del web come eBay e Alibaba, che ci ha consentito in pochi mesi di registrare più di 300 casi di protezione dei nostri prodotti. Un impegno fondamentale», ha proseguito Martina, «perché in questo caso non si interviene sequestrando una singola partita di merce, ma bloccando flussi commerciali a volte di dimensioni impressionanti. Un esempio? Con un solo caso su Alibaba abbiamo fermato un commerciante che offriva fino a 5 mila tonnellate al mese di falso Parmigiano Reggiano Dop, una cifra quasi pari alla produzione mensile di quello vero. In questa battaglia stiamo aprendo una strada che potrà essere seguita anche da altri Paesi, proprio rafforzando il sistema di protezione delle indicazioni geografiche». A fine giugno, invece, una delegazione italiana con rappresentanti di Sistema Moda Italia, Assocalzaturifici, Federlegno Arredo, ovvero il meglio delle categorie del Made in Italy, dal design alla calzatura di qualità all'abbigliamento e agli accessori, si era recata a Hangzhou, nella sede di Alibaba, per trovare le premesse per un accordo di collaborazione che porti a una struttura legale ben precisa sul fronte della prevenzione del falso Made in Italy veicolato online.

Intanto Eataly …

L’e-commerce dell’azienda di Farinetti sarà gestito internamente, grazie ad un team di programmatori tutto italiano
Ha conquistato gli Usa con il buono dell'Italia (lo store di New York è zeppo di persone a tutte le ore), adesso Eataly "esporta" anche competenze digitali. Eataly Net, la piattaforma di e-commerce dell'azienda fondata da Oscar Farinetti che vende eccellenze gastronomiche, nata proprio per portare il proprio servizio a tutto il mercato statunitense (10 mila ordini e 3 milioni di visite nella prima metà del 2015) e ora alla conquista del mondo, ha infatti deciso di internalizzare l'attività di programmazione e sviluppo tecnologico. Una scelta che porta alla ribalta le capacità e le competenze anche digitali (oltre che di buona cucina) degli italiani.
«Un team unico e interno all’azienda permette di gestire al meglio le dinamiche di sviluppo della piattaforma, dirigendole verso l’obiettivo che ci siamo dati: creare una piattaforma esclusiva di e-commerce per tutto il mondo, localizzata a livello logistico e customizzata per ogni Paese», ha dichiarato Andrea Chiarottini, Cto di Eataly Net: «I nostri programmatori, interni a Eataly Net, vivono in prima persona la filosofia dell’azienda e possono declinarla al meglio in strumenti tecnologici e digitali che migliorino l’esperienza dell’utente. Il supporto di Synesthesia, società specializzata in soluzioni digitali sui canali web e mobile, è stato cruciale per cogliere al meglio le opportunità offerte da uno scenario tecnologico in costante evoluzione».
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