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19 Aprile 2024 / 04:34
Bond solidali per far crescere il terzo settore

 
Banca

Bond solidali per far crescere il terzo settore

di Mattia Schieppati - 31 Marzo 2020
Con 97 emissioni e oltre 5,4 milioni di euro destinati a iniziative e progetti sociali, in otto anni i social bond di Ubi Banca hanno fatto della finanza uno strumento per generare impatto sociale. Accompagnando la crescita culturale e la capacità di misurazione del mondo del non profit
Per comprendere il reale valore prodotto in otto anni dall’iniziativa dei social bond di Ubi Banca, non bisogna guardare il “quanto”, ma il “come”.
Partiamo dal “quanto” che è già molto significativo: 97 emissioni di obbligazioni solidali effettuate dal 2012 a oggi, sottoscritte da una platea di 40 mila clienti per un controvalore di oltre 1,1 miliardi di euro, che hanno reso possibile la devoluzione di contributi a titolo di liberalità per oltre 5,4 milioni per iniziative di interesse sociale, dalla cura all’inclusione fino a interventi d’emergenza (come in occasione del terremoto del 2016).
Numeri importanti. Ma ancora più importante è il “come”, ossia lo stimolo che questo strumento di finanza sociale ha dato a un processo – in atto proprio in questi anni – di strutturazione e professionalizzazione del mondo del terzo settore, principale destinatario delle liberalità. Un mondo che, per rispondere alle sfide sempre più grandi e impegnative poste da un welfare in trasformazione e da risorse pubbliche sempre più limitate, è chiamato a un salto culturale importante. Che riguarda, innanzitutto, la capacità di riflettere sull’efficacia effettiva della propria azione, misurandola attraverso criteri sempre più scientifici: dal 2015 l’impatto sociale generato dai progetti sostenuti tramite i social bond viene valutato tramite lo Sroi - Social Return on Investment, uno standard scientifico e internazionale che ha l’obiettivo di quantificare, in termini economici, il valore sociale o ambientale generato da un’iniziativa o un’organizzazione sociale. Una riflessione che fa crescere in maniera virtuosa il non profit, e accresce di conseguenza i benefici che ne derivano per le comunità.
«La crescente differenziazione dei bisogni sociali ha reso via via sempre più inadeguate le risposte standardizzate offerte dal tradizionale modello di welfare. Così anche in Italia, in linea con una tendenza diffusa in altri Paesi, è in atto da tempo un processo di trasferimento di parti di welfare dalla gestione pubblica al terzo settore. Questo processo comporta per le organizzazioni non profit un’accresciuta necessità di risorse finanziarie e diventa quindi di fondamentale importanza il coinvolgimento e il contributo degli istituti di credito nel sostegno alle loro attività», spiega Riccardo Tramezzani, Responsabile di Ubi Comunità in Ubi Banca, dando il contesto all’interno del quale sono stati pensati i social bond.
Le ricadute dei 97 social bond emessi rispetto ai Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 dell’Onu

Come funzionano i social bond

I social bond di Ubi Banca sono prestiti obbligazionari che offrono al sottoscrittore l’opportunità di ottenere un ritorno sull’investimento paragonabile a quanto offerto dalla banca su investimenti analoghi e, nello stesso tempo, di contribuire al sostegno di iniziative di rilevante valenza sociale. Al termine del collocamento, la banca devolve una quota predefinita dell’importo raccolto a supporto di tali progetti, per lo più promossi da organizzazioni non profit, oppure destina l’ammontare collocato all’erogazione di finanziamenti a condizioni competitive per contribuire allo sviluppo sul territorio di iniziative di imprenditorialità sociale.
Attraverso la sua divisione commerciale Ubi Comunità, rivolta alle realtà del terzo settore e dell’economia civile, l’istituto di credito supporta in questo modo un settore fondamentale non solo per l’impatto sulla coesione sociale, ma anche per lo sviluppo economico del Paese. Le organizzazioni che possono beneficiare dei social bond Ubi Comunità sono realtà significative nei propri territori di riferimento, con una buona capacità di mobilitazione degli stakeholder delle comunità locali di riferimento e si distinguono per efficienza gestionale e impatto sociale prodotto.
Si tratta di un’iniziativa che ai suoi esordi fu considerata decisamente pionieristica (aggiudicandosi, già nel 2013, il Premio ABI per l'innovazione nei servizi bancari), diventata da subito una case history di riferimento a livello internazionale.
«Quando abbiamo lanciato il primo social bond, più di otto anni fa, esistevano sporadiche esperienza da parte di alcuni istituti di credito, tra i quali anche Banca Popolare di Bergamo, poi confluita in Ubi», osserva Tramezzani. «Era un momento di crisi finanziaria, con i mercati dei capitali istituzionali sostanzialmente inaccessibili al sistema bancario internazionale e le obbligazioni collocate al mercato retail rappresentavano, per gruppi bancari affidabili come il nostro, un importante canale di approvvigionamento della liquidità necessaria per sostenere l’economia reale. Abbiamo quindi riposto alla richiesta di supporto proveniente da alcuni enti già clienti della Banca, per coinvolgere la più ampia clientela della banca e i suoi stakeholder nella sottoscrizione di una obbligazione dedicata che abbiamo chiamato “social bond Ubi Comunità”. Oggi possiamo affermare con orgoglio che Ubi Banca è leader in questo strumento di investimento, non solo in Italia; è inoltre il primo intermediario finanziario a fare delle obbligazioni solidali una piattaforma strutturata di intervento a sostegno delle progettualità e degli interventi promossi da realtà non profit o assimilabili».
I social bond Ubi Comunità rappresentano infatti uno strumento innovativo che ha avvicinato l'Italia ai Paesi europei più evoluti sotto il profilo della finanza per il non profit. Un’iniziativa che rientra in un rinnovato percorso di sostegno al terzo settore che il Gruppo Ubi ha avviato dal 2011 attraverso l’Area Strategica Ubi Comunità, con una piattaforma di servizi e di strumenti finanziari espressamente dedicati al mondo del non profit, laico e religioso.
Il progetto «Più recupero, più vicino» del Banco Alimentare, beneficiario nel 2019, attraverso l’emissione di un social bond, di un’erogazione di 70 mila euro 

A ciascun bisogno il suo bond

Scorrendo l’elenco delle emissioni, colpisce l’ampiezza degli ambiti all’interno dei quali questo strumento è riuscito, negli anni, a fare la differenza. Dando risorse finanziarie, ma anche fiducia, a grandi e note realtà del non profit, come a piccoli soggetti capaci però di focalizzare in maniera efficace il proprio impegno sul territorio.
Uno dei progetti che ha avuto più rilievo anche mediatico ha riguardato la costruzione della scuola antisismica per i bambini di Aquasanta Terme, dopo il terremoto del 2016: in pochi mesi oltre 140 giovani studenti hanno potuto tornare a fare lezione in una struttura sicura e permanente. Tra i primi progetti sostenuti a livello nazionale, nel 2012, si nota il progetto dedicato all’assistenza e sostegno alla vita sociale degli anziani realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, quindi i due progetti dedicati al supporto di persone con grave disabilità realizzati con l’Aism - Associazione Italiana Sclerosi Multipla Onlus o il sostegno dedicato a persone sordocieche tramite le attività della Lega del Filo d’Oro Onlus.
È più recente (novembre 2019) il social bond emesso per la Fondazione Banco Alimentare Onlus a sostegno del progetto “Più recupero, più vicino”, volto a potenziare l’attività del Banco Alimentare che si occupa del recupero delle eccedenze della filiera agroalimentare, della grande distribuzione organizzata e della ristorazione, per ridistribuirle gratuitamente alle Strutture Caritative partner che aiutano le persone in stato di bisogno. Airc - Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, Fai – Fondo Ambiente Italiano, Policlinico Gemelli, Fondazione Umberto Veronesi, Save the Children e Dynamo Camp sono altri dei soggetti sociali che hanno beneficiato di questo strumento.
L’ultimo social bond emesso, nel gennaio 2020, è stato il prestito obbligazionario solidale di 20 milioni per la Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer Onlus, storica istituzione di cura specializzata nell’infanzia, i cui proventi (100 mila euro) sono stati devoluti a favore del Progetto “LudoBiblio dell'Ospedale Pediatrico Meyer”, «uno spazio all’interno dell’Ospedale Meyer aperto tutti i giorni, un luogo in cui i piccoli pazienti e le loro famiglie possono trovare risposta al bisogno di socialità, favorendo le condizioni per un approccio più efficace e sereno alla malattia», spiega il professor Giampaolo Donzelli, presidente della Fondazione Mayer. «Ubi Banca ha dimostrato sensibilità scegliendo di sostenere questo progetto: la LudoBiblio non è infatti un “qualcosa in più”, per un ospedale pediatrico come il nostro, ma è la dimostrazione che bisogna avere un approccio allargato al tema della cura, che vada al di là del semplice fatto medico – curare una malattia – e sappia guardare alla persona e ai suoi bisogni a 360 gradi. Il gioco, la lettura di una favola sono parte integrante di questa presa in carico del paziente-bambino», sottolinea Donzelli. «Il social bond consente di dare risposta non semplicemente alla richiesta di un ospedale, ma dà una risposta all’esigenza di una comunità, la comunità dei piccoli pazienti e delle loro famiglie che vengono al Mayer da tutta Italia, e potranno ora godere dei benefici di questo servizio nuovo e importante».
La LudoBiblio dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, progetto realizzato con il contributo di 100 mila euro del social bond emesso nel gennaio 2020

Uno strumento di engagement per la clientela, e non solo…

«I social bond, anche in un periodo di tassi molto bassi come quello attuale, continuano a incontrare il favore dei risparmiatori retail poiché permettono loro di coniugare, effettuando le proprie scelte di investimento, legittimi obiettivi economici individuali, ovvero l’aspettativa di un’adeguata remunerazione del proprio risparmio, con quelli valoriali e di interesse generale», osserva Tramezzani, tirando le somme di questi primi otto anni di emissioni e considerando come “l’affezione” dei clienti non si sia esaurita dopo un iniziale entusiasmo, ma il fare investimenti che abbiano anche una ricaduta sociale allargata sia diventata via via una formula sempre più diffusa di sostenere le comunità. «Gli oltre 40.000 clienti che in questi anni hanno sottoscritto gli strumenti emessi sono un importante segno della fiducia che il mercato dimostra nella capacità di queste obbligazioni di generare realmente valore condiviso. Sono la testimonianza di una comunanza di intenti tra la banca e i suoi clienti, che apprezzano e condividono le progettualità sostenute dalla banca».
Attenzione che viene vissuta con molta partecipazione dagli stessi dipendenti del Gruppo bancario. «I social bond rappresentano un elemento di distinzione e di valore per il modo di fare banca adottato da Ubi», conferma Tramezzani: «I nostri colleghi di Rete li propongono alla clientela con entusiasmo perché sanno che, a parità di rendimento con le normali obbligazioni della banca, con la sottoscrizione dei social bond si contribuisce alla realizzazione di progetti di elevata valenza sociale. Lo dimostra il numero di oltre 40.000 clienti sottoscrittori e il fatto che spesso il collocamento duri poche settimane chiudendosi prima della naturale scadenza».
La nuova scuola antisismica realizzata per i bambini di Acquasanta Terme (AP) in seguito al terremoto dell’agosto 2016 (200 mila euro di erogazione liberale)
Terzo settore in evoluzione
Uscendo dall’analisi dei singoli progetti, e dato l’ammontare importante delle risorse erogate, viene spontanea una domanda “di sistema”. Quali sono i traguardi più importanti che il terzo settore ha raggiunto e quali sono invece i temi su cui c’è margine di miglioramento? Una domanda che in Ubi Comunità si pongono probabilmente ogni giorno e la risposta di Tramezzani è pronta e articolata. «In un contesto caratterizzato da profondi e sempre più rapidi cambiamenti sia di carattere economico che sociale, gli enti del terzo settore si dimostrano soggetti in grado di generare valore, spesso attraverso intensi percorsi d’innovazione. Dal punto di vista demografico, l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite o l’aumento della speranza di vita sono alcuni dei fattori che accelerano l’emersione di nuove categorie di bisogni - personali, familiari, aziendali, sociali - che non trovano sempre adeguata risposta. Anche la crescente attenzione nei confronti dello sviluppo sostenibile e dei correlati impatti ambientali e sociali genera nuovi bisogni e ambiti di rimodulazione delle attività economiche. La finanza sociale può contribuire a sostenere questa capacità di innovare per far fronte ai cambiamenti in atto, supportando nuove forme di impresa sociale e dei soggetti del terzo settore che evolvono e si strutturano per cogliere opportunità in nuovi mercati e in nuove filiere produttive, quali per esempio agricoltura sociale, cultura, turismo, abitare e rigenerazione urbana. Da questo punto di vista, l’imprenditoria sociale, con particolare riferimento alle realtà medio piccole, dovrebbe probabilmente rafforzare le competenze interne in termini finanziari e di predisposizione di piani di impresa, per aumentare la capacità di investimento e per massimizzare le opportunità derivanti dall’arretramento del pubblico e dall’emergere di nuovi bisogni sociali».
La rubrica doGood, realizzata in collaborazione con doValue, racconta le tendenze e le buone pratiche nel campo della Csr, in particolare delle realtà bancarie, finanziarie e assicurative. La rubrica vuole essere una rassegna in presa diretta, attraverso le testimonianze dei protagonisti di come l’impegno delle aziende verso le comunità di riferimento diventa un’importate leva di crescita personale e professionale. 
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