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24 Aprile 2024 / 20:07
Clubhouse spinge il business della voce

 
Scenari

Clubhouse spinge il business della voce

- 24 Marzo 2021
La piattaforma "vocal", pur tra alti e bassi, ha acceso i riflettori sulle possibilità della voce come strumento di comunicazione, marketing ed engagement. Una strada che coinvolge i social (Telegram, Twitter, fino a Facebook), il mercato sempre più ampio dei branded podcast e la crescita sempre più capillare dei voice assistant, in casa, in auto e in ufficio. Così tecnologie di machine learning e intelligenza artificiale consentono di mettere a valore lo strumento più umano di cui disponiamo: la parola
Dopo il boost iniziale, che nel mese di febbraio l’ha lanciato nel firmamento dei fenomeni epocali del web, un altrettanto rapido ridimensionamento ha fatto tornare con i piedi per terra Clubhouse, il social network lanciato nell’aprile 2020 e arrivato alla popolarità a inizio 2021, che consente di dialogare all’interno di stanze tematiche proposte dai singoli utenti – che accedono solo su invito di altri utenti - su temi di interesse più diversi. Particolarità: Clubhouse è basato unicamente sulla voce, una via di mezzo tra una chat vocale di gruppo, una tavola rotonda e una sorta di “radio collettiva”, ed è nato «per costruire un’esperienza sociale più umana, dove invece di postare si può parlare. La cosa che amiamo di più è come la voce possa unire le persone» hanno dichiarato i suoi fondatori, Paul Davison e Rohan Seth, ingegneri ex Google: «In uno degli anni più turbolenti e travagliati che molti di noi hanno vissuto, le persone su Clubhouse si sono riunite per conversare», dicono.
Un’idea che ha fatto molto parlare di sé nonostante sia ancora estremamente di nicchia (oggi l’app conta su 6 milioni di utenti, nulla rispetto ai consueti numeri dei social più celebri), e che al di là del successo o meno che avrà ha contribuito a mettere in luce un fenomeno evidente: la voce, e le tecnologie legate all’uso della voce, dopo l’epoca del visual e quella del touch, si sta affermando come lo strumento privilegiato della comunicazione, tanto nell’ambito personale quanto in quello – che qui più interessa – della relazione con il cliente in ambito commerciale.

La sfida tra social è aperta

Da un lato, il campo di sfida aperto da Clubhouse è stato immediatamente popolato da una serie agguerrita di competitor che hanno fiutato le potenzialità del voice business. «Clubhouse ha sollevato un grande can can di comunicazione, dopo sole poche settimane si è in realtà posizionato un po’ più in basso rispetto a quelle che erano le aspettative», sottolinea Matteo Flora, funder di The Fool, società di analisi e protezione della reputazione online e osservatore dei nuovi fenomeni del mondo social, «e intanto sono cresciute le alternative: per esempio Telegram, nato già in origine come piattaforma chat per gruppi, che ora ha lanciato le chat vocali. Twitter ha rilanciato Spaces, piattaforma già esistente e che non aveva mai sfruttato davvero bene, e che ora può cavalcare l’onda e puntare agli utenti del social. E addirittura Facebook, che già aveva proposto tempo fa un sistema di audio broadcasting, stia mettendo a punto le proprie “social audio room” per dare spazi di dialogo vocale agli utenti. Capite bene che un conto è ragionare sui pochi milioni di utenti di Clubhouse, altro pensare ai 2 miliardi di utenti di Facebook. Di sicuro c’è una cosa: si è scatenata una vera e propria battaglia per catturare l’attenzione degli utenti del web e dei social, e quello della voce rappresenta un modello di engagement di successo».

Podcast, l’altra galassia della narrazione

In parallelo al mondo social, sta mostrando numeri esponenziali un altro strumento che fa della voce il suo core business e che ha già dimostrato di avere interessanti applicazioni anche nell’ambito della relazione commerciale: il podcast, contenuti audio che fanno dello storytelling e dell’engagement dato dal racconto parlato il proprio punto di forza. Forza che conta, per il suo successo, sul maggior senso di fiducia ispirato dalla voce rispetto all’immagine, dai minori vincoli di lunghezza e dalla possibilità di indicizzare i contenuti nei motori di ricerca.
Secondo le stime di IAB e PWC, il business dei podcast ha movimentato lo scorso anno investimenti investimenti in advertising per quasi 700 milioni di dollari, sette volte in più rispetto all’anno precedente, e per il 2021 si potrebbe superare il miliardo di euro. Il trend è tale che cominciano a fiorire anche piattaforme specializzate in branded podcast: il caso più noto è quello di The Message, una serial sci-fi in inglese sostenuta da General Electric, che con 440 milioni di download ha rappresentato l’audio on-demand più scaricato in assoluto. Un caso italiano è quello di Sbaglio strada e cambio vita, commedia on the road lanciata dalla compagnia di assicurazioni Verti in collaborazione con H-Farm e divenuta il primo branded podcast del settore nel nostro Paese.

Home assistant: senti chi parla!

Ultimo, ma primo in quanto “fattore abilitante”, anello di questa catena della rivincita della voce è il mercato, anche questo – manco a dirlo – in prepotente crescita degli home speaker e degli assistenti vocali, da Alexa a Siri a Google Assistant. Avere in casa, o in ufficio, uno strumento che consente di soddisfare richieste, attivare servizi, acquistare prodotti, semplicemente con la parola, costituisce senza dubbio una premessa chiave affinché il business della voce diventi fruizione quotidiana sempre più diffusa. I numeri lo confermano.
Secondo una ricerca di Strategy Analytics, nel primo trimestre 2021 sono stati 28,2 milioni gli home speaker consegnati a livello globale, con una crescita dell’8,2% su base annua. Tra le aziende, Amazon consolida il suo primato, con una quota di mercato in aumento dal 21,5 al 23,5%. Secondo degli analisti di Juniper Research, entro il 2024 il numero di assistenti vocali installati sui dispositivi supererà quello della popolazione mondiale, raggiungendo quota 8,4 miliardi. E già entro la fine del 2021 ci saranno 4,2 miliardi di dispositivi che, a livello globale, avranno in uso gli assistenti vocali. «Pertanto, nei prossimi anni, il balzo in avanti di questa tecnologia sarà notevole, e la capacità di sfruttarne le potenzialità economiche è una sfida aperta per le aziende», sottolineano i ricercatori, che aggiungono come «saranno gli assistenti vocali collegati a tv e automobili, principalmente attraverso periferiche, ad avere il maggior tasso di crescita».
Anche su questo fronte, le applicazioni utili per le aziende nel semplificare la relazione con gli utenti e rendere più efficace la fruizione dei servizi è evidente. Per esempio, risale all’aprile dello scorso anno il pionieristico sbarco di Widiba su Google Home, con una funzionalità che consente di consultare il saldo, i movimenti del conto corrente e delle carte prepagate e di credito, ma anche caricare il cellulare e conoscere tutte le promozioni in corso, semplicemente rivolgendosi al proprio assistente vocale domestico dicendo: «Ok, Google. Parla con Widiba».
Cosa c'è di più semplice di questo meccanismo?«La voce è uno strumento-canale dell'immediatezza», conferma Giancarlo Sassi, Sales Manager Servizi Finanziari di Almawave, azienda leader in soluzioni basate sulle tecnologie vocali implementate da intelligenza artificiale, «che presenta tantissimi punti di forza. Innanzitutto, è uno strumento democratico, l’abbiamo tutti e non costa niente, poi è uno strumento che sappiamo usare bene, è adatto a esprimere un’amplissima gamma di contenuti, ha una comprensibilità immediata e consente di creare un legame immediato tra bisogno espresso e attivazione della risposta. Soprattutto, è uno strumento “caldo”, umano, che facilita lo stabilirsi di una relazione» (guarda la videointervista effettuata in occasione di #ilCliente 2020). Dopo milioni di anni di evoluzione umana, insomma, rieccoci al punto: facendo una grande pulizia di strumenti e artifici, il ritorno all’essenzialità della nostra parola articolata in sonoro si riafferma come strumento principe della comunicazione. 

Aziende alla ricerca del “tone of voice”

È evidente come con la crescita e la diffusione di tutti questi strumenti e tecnologie basate sulla voce, è fondamentale per le aziende definire una propria “voice strategy”. Da un lato, come essere presenti su questi canali e strumenti, con quale voce presentarsi in una stanza Clubhouse o a quale speaker affidare – per esempio – un podcast tematico, per parlare al proprio pubblico o per intervenire in spazi di conversazione trasversali.
Si è mossa in questo senso, già dal 2019, Mastercard, presentato il proprio progetto di Sonic Brand, ovvero la definizione dell’identità sonora di marca. In pratica, ovunque i consumatori interagiscano con Mastercard, sia che si tratti di contesti fisici, digitali o vocali, la melodia alla base sarà sempre ben riconoscibile e familiare. «Il suono aggiunge una nuova e potente dimensione alla nostra identità di marca e rappresenta una componente fondamentale per il modo in cui le persone riconoscono Mastercard, oggi e in futuro», ha raccontato Raja Rajamannar, Chief Marketing and Communications Officer di Mastercard, alla presentazione del progetto: «Abbiamo fissato un obiettivo ambizioso per produrre la melodia di Mastercard, con un lavoro che mettesse in primo piano autenticità e unicità, con un risultato adattabile a livello globale e nelle più svariate occasioni di utilizzo».
Dall’altro, sempre più aziende si stanno concentrando sul definire quali servizi possano essere sviluppati, potenziati, o magari anche inventati, attraverso il canale voce grazie all’impiego di tecnologie avanzate di machine learning e intelligenza artificiale (dal customer service - grazie a voicebot sempre più evoluti, a servizi come l’autenticazione o le transazioni), rafforzando così quella strategia onmichannel che ormai è il mantra per tutti. E che ora è il caso di ripetere ad alta voce!
 
Il Voice engagement come strategia per banche e imprese è uno dei temi che verranno approfonditi il prossimo 28-29 aprile in occasione di #ilCliente, l’appuntamento annuale promosso da ABI rivolto ai professionisti di marketing, gestione della relazione, comunicazione e vendita nel mercato finanziario retail.
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