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19 Aprile 2024 / 15:14
Hedge fund, domicilio Europa

 
Banca

Hedge fund, domicilio Europa

di Massimo Paolo, Gentilie Nunzia, Melaccio - 1 Dicembre 2010
L’industria degli hedge fund parte alla riconquista degli investitori, ridomiciliandosi in Europa e abbandonando le giurisdizionioff-shore, caratterizzate da ridotti presidi organizzativi e di vigilanza prudenziale
Il dibattito sui rischi dei prodotti alternativi come gli hedge fund e sul loro contributo alla crisi sta spingendo tutti gli operatori del settore ad elaborare strategie per un tempestivo processo di recupero della fiducia da parte degli investitori. Proprio a questo fine numerosi operatori internazionali hanno dato avvio, già da alcuni mesi, alla ridomiciliazione dei propri veicoli di investimento dai paesi off-shore verso localizzazioni europee (on-shore), in modo da poter offrire ai clienti, oltre che la propria capacità gestoria, un contesto operativo vigilato, concrete regole di custodia e maggiore confrontabilità con gli altri prodotti del risparmio gestito europei. Ciò a costo di affrontare una scelta, quale quella di ridomiciliare, ricca di variabili di diversa natura (legale, regolamentare, amministrativa e fiscale) da valutare e governare attentamente.

Due domiciliazioni

Sono infatti diverse le modalità per realizzare la ridomiciliazione dei veicoli gestiti e ciascuna con proprie peculiarità. In linea generale è possibile distinguere, sulla base delle modalità di realizzazione, tra la ridomiciliazione “giuridica” del veicolo rispetto a quella che potremmo definire“operativa”: la prima si realizza a fronte dell’effettivo trasferimento della sede sociale del veicolo dalla giurisdizione off-shore a quella on-shore; la seconda attraverso procedure che, nel complesso, determinano il trasferimento degli asset e degli investitori del veicolo da quello originario off-shore a quello, on-shore, di destinazione, con eventuale successiva liquidazione del veicolo originario. Nell’ambito di ciascuna categoria, è poi possibile attuare strategie di implementazione diversamente articolate a seconda di quelle che sono le peculiarità del veicolo off-shore, dei relativi investitori, degli strumenti finanziari in portafoglio e dell’eventuale preferenza, del gestore o degli investitori, verso veicoli armonizzati o non armonizzati.
Veniamo all’individuazione della localizzazione e del veicolo. Affinché il processo di ridomiciliazione non comporti eccessivi oneri – come, ad esempio, una procedura di realizzazione molto lunga, costi di strutturazione e di mantenimento sensibilmente superiori rispetto a quelli di un veicolo off–shore – è essenziale che l’analisi dei gestori si focalizzi su domiciliazioni e veicoli in grado di garantire la realizzazione della procedura in tempi ragionevoli e la strutturazione di veicoli con costi iniziali e di gestione contenuti. Tra le possibilità vi è quella di due importanti piazze europee, come Lussemburgo e Irlanda, che non a caso rappresentano a tutt’oggi le principali localizzazioni di destinazione per igestori che hanno avviato, ed in molti casi già concluso, il processo di trasferimento dei propri veicoli off-shore (vedi box accanto).

Armonizzati o no?

In ultimo, compete al gestore l’ulteriore ed altrettanto importante decisione di istituire on-shore un veicolo armonizzato (Sicav/fondo Ucits III) o non armonizzato (Fis e Qif). A proposito si noti che mentre i veicoli non armonizzati on-shore, poiché privi di limitazioni stringenti in materia di politica di investimento, risultano sempre compatibili con le strategie attuate dai fondi hedge off-shore, la scelta di ridomiciliare un fondo hedge off-shore e, contestualmente, di trasformarlo in un organismo di investimento armonizzato, non può prescindere dal verificare preliminarmente la compatibilità, effettiva o potenziale, della politica di investimento del veicolo con i limiti e i divieti regolamentari imposti dalle direttive europee che governano l’armonizzazione degli organismi di investimento.
Il processo di ridomiciliazione, date le notevoli variabili da considerare e coordinare, richiede sicuramente ai gestori un impegno di professionalità e di tempo, tuttavia comporta in sé vantaggi reputazionali e relazionali con i clienti, sia effettivi che potenziali, dato il rafforzamento della trasparenza delle informazioni fornite e della struttura organizzativa adottata.

La banca depositaria

Inoltre la localizzazione on-shore dei fondi hedge, oltre ad essere testimonianza di una profonda innovazione del settore, può far sorgere aree di sviluppo per l’industria bancaria europea soprattutto nell’ambito dei servizi di custodia e di fund administration. In primo luogo, diversamente da quanto può avvenire nelle localizzazioni off-shore, dove può determinarsi una effettiva confusione di ruoli tra la controparte bancaria responsabile della custodia e dell’integrità degli attivi fondo (c.d. banca depositaria) e quella che eroga servizi di finanziamento e prestito titoli a fronte della presa in garanzia dei medesimi attivi (cd. prime broker), il mantenimento di ruoli separati tra custode e finanziatore è elemento comune alle giurisdizioni europee, onde impedire l’insorgere di un interesse in conflitto con il ruolo di tutela riconosciuto alla banca depositaria.
Infine, va considerato che le regolamentazioni on-shore prevedono che i servizi di banca depositaria, e a volte anche quelli di natura amministrativa come il calcolo del valore della quota, a favore di un organismo di investimento locale possano essere prestati esclusivamente da un istituto bancario locale ovvero dalla succursale locale di un istituto bancario europeo.

Cosa sono gli hedge fund?

Gli hedge fund rappresentano veicoli di investimento caratterizzati da ampia libertà operativa in sede di gestione degli attivi. Storicamente localizzati in destinazioni off-shore, negli ultimi mesi stanno innovando la propria struttura societaria e organizzativa muovendosi verso le principali destinazioni finanziarie europee e, in alcuni casi, scegliendo di sottoporsi alle limitazioni e ai vincoli di investimento imposti dalla direttive europee in materia di organismi di investimento armonizzati (spesso indicati anche con il brand Ucits III).

Lussemburgo o Irlanda?

La piazza lussemburghese, da sempre apprezzata quale hub di servizi di elevato standing a favore degli operatori finanziari, può garantire ai gestori collettivi veicoli di investimento semplici,  regolamentati, trasparenti e non onerosi, a cui normalmente si accompagnano contenuti costi di strutturazione. Due esempi per tutti: le società a capitale variabile (Sicav), organismi di natura contrattuale particolarmente efficienti dal punto di vista gestionale e organizzativo che in Lussemburgo rappresentano un importante segmento del risparmio gestito, e i Fonds d’Investissement Specialisés (Fis), organismi di investimento, costituibili sia sotto fondo comune di investimento che di Sicav, caratterizzati da ridotti vincoli gestionali. Si deve poi tener conto che il Fis, soprattutto nella forma di Sicav, siè subito dimostrato particolarmente attrattivo per i gestori alternativi, focalizzati sui segmenti hedge, private equity e real estate, in quanto in grado di rispondere efficacemente alle esigenze di flessibilità gestoria a fronte di un adeguato livello di sorveglianza.
Il fenomeno non ha lasciato indifferente neanche l’Irlanda che nel dicembre del 2009 ha varato una serie di misure per consentire un più agevole processo di ridomiciliazione giuridica ai gestori alternativi. Il contesto irlandese offre la possibilità di istituire organismi di investimento collettivo del risparmio sia armonizzati, sotto forma di Sicav, che non armonizzati, sotto forma di Qualified Investment Fund (Qif), con caratteristiche coerenti con le finalità e le priorità del processo di ridomiciliazione dei fondi hedge.
 
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