ICT: in Europa 900 mila posti vacanti
di Mattia Schieppati
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2 Aprile 2013
La Commissione Ue lancia una partnership pubblico-privato e un piano per colmare entro il 2015 la clamorosa mancanza di competenze in campo digitale di cui soffre l'Europa
Da una parte, le statistiche sempre più preoccupanti sulla disoccupazione in Italia, con punte addirittura del 40% tra gli under 35. Dall'altra, il mondo delle imprese che in Europa lavorano in vari campi dell'ICT e che hanno lanciato un allarme clamorosamente di segno opposto: l'industria del digitale, nel Vecchio Continente, ha bisogno di braccia ma soprattutto di cervelli, per poco meno di 900mila unità. Posti di lavoro che restano vacanti perché manca personale con competenze adatte.
Come indicato in
alcuni studi della Commissione Ue «Nel 2011 gli occupati nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) in Europa avevano raggiunto i 6,7 milioni, ossia il 3,1% del totale complessivo Ue. Dal 2000 al 2010 tale forza lavoro è cresciuta a un ritmo annuo medio del 4,3%. Un nuovissimo studio (Empirica, marzo 2013), le cui cifre non sono state ancora pubblicate, indica che entro il 2015 si potrebbero creare in Europa fino a 864.000 posti di lavoro digitali. Tuttavia, la diminuzione del numero di laureati in discipline attinenti alle TIC e il pensionamento previsto nei prossimi anni di una fascia di lavoratori occupati in questo settore, rischiano di mettere a repentaglio le potenzialità di crescita dell'occupazione nel settore. Occorre potenziare l'istruzione nel campo delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, nonché migliorare l’immagine delle carriere in questi settori, in particolare tra le donne». C'è da far squillare il campanello d'allarme, insomma.
Per mettere almeno una pezza a questo paradosso si è mossa addirittura la Commissione Europea, che ha lanciato una "Grande coalizione per il lavoro digitale", ovvero una partnership multistakeholder che ha il compito di stendere un piano d'intervento triennale e arrivare a colmare questo gap entro la fine del 2015. Sanando in corsa un elemento chiave in vista dell'Agenda digitale 2020 promossa sempre dall'Ue, che rischiava di partire azzoppata da una banale mancanza di manodopera in un settore chiave dello sviluppo economico (e sociale) di questi anni.
La Commissione ha sollecitato impegni in alcuni settori cruciali, indicati come prioritari alla Coalizione:
formazione e capacità di colmare il divario tra domanda e offerta per i posti di lavoro del settore digitale, per assicurare che le competenze acquisite dai cittadini siano effettivamente quelle delle quali le aziende hanno bisogno;
mobilità, per aiutare chi è in possesso delle competenze necessarie a recarsi dove sono richieste ed evitare carenze o eccedenze nelle diverse aree urbane;
certificazione, per rendere più facile certificare a un datore di lavoro le proprie competenze, in qualsiasi Stato membro;
sensibilizzazione, perché i cittadini sappiano che il settore digitale offre possibilità di carriera gratificanti e ben retribuite sia agli uomini che alle donne;
metodi didattici innovativi, per migliorare e ampliare i sistemi educativi e formativi e offrire a sempre più persone le competenze necessarie a inserirsi con successo nel mondo del lavoro.
«Gli studi hanno dimostrato che l’occupazione legata all’ICT è molto più resistente alla crisi rispetto alla maggior parte degli altri posti di lavoro. Ciò significa chiaramente che le competenze informatiche sono sicuramente essenziali nella riduzione del rischio di disoccupazione, anche per i lavoratori meno giovani. Migliori e più qualificati operatori ICT, ricercatori, imprenditori, manager, sono necessari e saranno sempre più necessari», ha dichiarato il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, nel presentare la Grande coalizione (
vai al video del discorso completo), che parte con il concorso di alcune delle principali associazioni di categoria che operano a livello comunitario sui temi del digitale (tra cui Digital Europe, EuroCIO, CIONet, e-Skills Association e PIN-SME) e chiama a raccolta naturalmente tutti gli attori più importanti e innovativi del settore privato.
Tra i big a essersi già fatti avanti per sostenere l'iniziativa, Nokia, Telefónica, SAP, Cisco, HP, Alcatel-Lucent, Randstad, Telenor e l'italiana ENI. Un pacchetto iniziale che ha tre mesi di tempo per aggregare altri soggetti e presentarsi con una massa critica d'azione importante il prossimo maggio, quando in occasione dell'Assemblea generale dell’agenda digitale europea verrà resa operativo questo nuovo organismo e verrà sbloccato il primo pacchetto di fondi (si parla di 4,5 milioni di euro, non molti in verità, cui si aggiungerebbero alcune risorse stornate dai budget già previsti in sede comunitaria per le politiche sul lavoro).