Il tasto "buy" di Google rivoluziona l'e-commerce
di Mattia, Schieppati
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18 Giugno 2015
Il gigante di Mountain View sarebbe pronto per il lancio dell'opzione per effettuare acquisti direttamente dalla pagina con i risultati del motore di ricerca. Grazie alla profilazione degli utenti, promette di diventare il più grande marketplace mondiale e mettere fuori gioco realtà come Amazon, eBay e AliBaba ...
Al confronto della rivoluzione che questa mossa porterà, la battaglia intentata dalla Commissione europea contro lo strapotere monopolistico di Google si riduce a una semplice scaramuccia. Dall'azienda di Mountain View, infatti, trapelano voci - riportate nientemeno che dal Wall Street Journal (
leggi qui) - secondo le quali tutto sarebbe pronto per il lancio del tasto "buy", un'opzione che comparirebbe come icona accanto ai risultati delle ricerche degli utenti e consentirebbe di effettuare acquisti di prodotti direttamente dalla pagina con i risultati del motore di ricerca. Un'opzione che non solo darebbe a Google un vantaggio competitivo enorme rispetto per esempio ad Amazon, eBay e AliBaba, ovvero i tre marketplace con un business model consolidato. Ma rappresenterebbe un vero e proprio cambio di paradigma nella logica dell'e-commerce.
Come funziona?
Il nuovo tasto per gli acquisti dovrebbe comparire assieme ai risultati delle ricerche sponsorizzate, suggerite a pagamento da Google, quelle che appaiono in cima alla pagina dei risultati e sotto l'etichetta "Shop on Google". Il “buy button” non dovrebbe invece comparire in presenza di risultati senza inserzioni a pagamento. Una volta cliccato sul tasto per comprare, l'utente verrebbe trasferito a un'altra pagina di Google, fortemente personalizzata sul venditore, dove potrà scegliere misure, taglie, colori e quantità, completando l'acquisto. La vendita sarà però fatta dalle parti terze e non dalla società di Mountain View, che opera solo come intermediario.
Due fattori chiave
Le differenze, importanti e rivoluzionarie, rispetto ai business model consolidati (quelli di Amazon e AliBaba, tanto per fare un paragone) sono sostanzialmente due. La prima, e decisiva, sta nel fatto che mentre gli utenti di Amazon, eBay e AliBaba sono degli shopper, ovvero persone che accedono al sito di e-commerce perché sono alla ricerca di un prodotto e hanno un'intenzione di acquisto, quelli di Google sono utenti generici, che sono online per effettuare una qualsiasi ricerca. Ma sono, e qui sta il punto, utenti altamente profilati, che credibilmente hanno già utilizzato una miriade di volte il motore di Google per effettuare ricerche e quindi i server dell'azienda hanno già immagazzinato su di loro migliaia e migliaia di informazioni utili a una possibile finalità commerciale: cosa fanno nella vita, quali sono i loro gusti e le loro passioni, qual è il posizionamento di target, ecc. Con tutto questo patrimonio di notizie a disposizione, gli algoritmi sono in grado di posizionare e proporre il tasto "buy" su quei tipi di prodotti che rispondono esattamente ai gusti e alle possibilità dell'ignaro utente che magari, un pomeriggio, per curiosità decide di digitare su Google "scarpe da ginnastica". Et voilà, ecco che il motore di ricerca gli restituisce un risultato che gli presenta proprio le scarpe da ginnastica che fanno per lui, con accanto un pratico e immediato bottone che gli consente di acquistarle con due click. Come dire di no?
Seconda differenza, la tipologia di accordo commerciale che Google starebbe proponendo ai retailer per entrare in questo nuovo grande mercato: non più, come fanno gli altri marketplace, trattenere ai retailer una percentuale della vendita effettuata tramite piattaforma (meccanismo che sta tenendo alla larga da Amazon e soci tanti venditori, soprattutto delle grandi catene), ma proponendo accordi "a pacchetto" identici a quelli che regolano il mercato dei Google Ads. Una soluzione più vantaggiosa per i retailer e che soprattutto non li costringe a una strozzatura al ribasso dei prezzi delle merci per essere più competitivi verso l'acquirente finale.
Ma c’è un terzo dettaglio (non da poco)
I dati sensibili dell'utente-cliente verrebbero immagazzinati e trattenuti da Google in quanto intermediario e non dati o condivisi con il retailer. L'utente finale inserisce i propri dati una sola volta, al primo acquisto (dati che finiscono nei server di Google) e poi avrebbe accesso a qualsiasi tipologia di rivenditore. Google trasferisce al venditore solo il risultato della transazione, cioè il denaro. Sul fronte dei pagamenti riservati ai clienti finali, Google avrebbe intenzione di offrire il maggior numero di opzioni possibili, comprese quelle di terze parti, proprio per abbattere in tutti i modi qualsiasi barriera di ingresso per l'acquirente, e rendere tutto estremamente facile, semplice e attrattivo. Un acquisto sempre più d'impulso, con un livello zero di pensieri e preoccupazioni. Se l'obiettivo era quello di massimizzare il risultato, e procurarsi un ulteriore vantaggio rispetto alla concorrenza (da usare magari in futuro e chissà per cosa), gli strateghi di Mountain View l'hanno pensata bene, insomma...
Intanto su YouTube …
Secondo il Wall Street Journal, il nuovo dispositivo verrà attivato sul mercato Usa (dove Google attualmente detiene un market share del 64,4% sull'online search) già dalle prossime settimane, per estendersi poi a tutti gli altri mercati.
Intanto, quasi contemporaneamente e forse per cominciare a "testare" e tastare il terreno in quello che rappresenta un mercato nuovo per il colosso, YouTube, che è sempre proprietà di Google, ha attivato un sistema di rimando diretto all'acquisto nei video pubblicitari che partono in automatico prima dell'avvio dei video richiesti dagli utenti, consentendo agli inserzionisti di proporre i dettagli dei prodotti e un tasto "buy" che conduce chi clicca sul sito web del venditore. Gli inserzionisti possono decidere di mostrare dettagli e immagini dei prodotti, così come di inserire scritte tipo "clicca per comprare" o "compra ora" in modo da portare i potenziali acquirenti sul proprio canale di vendita online.