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20 Aprile 2024 / 02:12
In salute e in malattia, ma sempre in digitale

 
Fintech

In salute e in malattia, ma sempre in digitale

di Ildegarda, Ferraro - 3 Marzo 2014
Sotto il cielo della “salute digitale” crescono infinite realtà. Ecco una piccola guida pratica per orientarsi: big data, autodiagnosi, scrivere terapeutico. In primo piano anche il lato finanziario, visto che continuano a nascere start-up e aumentano i capitali investiti ...
A volte ci si arriva in via empirica. Provi la nuova app del tuo portatile per tenerti in forma oppure cerchi in rete rimedi contro l’influenza e sei già parte del grande capitolo “salute digitale” (“digital health” ) nei suoi molti aspetti. Il primo contesto è ovviamente il web.

Tecnologia

Perché fa la differenza, nel senso che è il perno della svolta. Nella definizione che ne dà Wikipedia, digital health è la convergenza delle rivoluzioni digitali e genetica con la salute e l'assistenza sanitaria. A sentirla così sembra molto un’idea per addetti ai lavori. La realtà è invece opposta. Orologi, braccialetti, cerotti che monitorano lo stato di salute e si connettono alla rete. Dati che vengono raccolti in piattaforme on line per avere costantemente sotto controllo cuore, sonno, calorie. Reti di connessione tra pazienti e medici. E la stampa non solo specializzata segue attentamente tutte le novità. Così Repubblica si è occupata del tema in due grandi pagine in un servizio da Las Vegas di Alessio Jacona. Senza distinzioni, visto che ne ha scritto Nova del Sole 24 Ore, con uno speciale dedicato alle innovazioni nate dalla voce dei pazienti ma anche Libero con le app che curano. Il guru in questo ambito tecnologico è Paul Sonnier, che con video e testi sottolinea il potenziale in campo per migliorare la nostra salute (per approfondimenti clicca qui e qui).

Big Data

Risposte incredibili sino a poco fa diventano possibili. Il campo di maggior spazio è quello predittivo. L’enorme massa di informazioni (vai alla definizione di Wikipedia) consente per esempio di sapere con attendibilità quando si svilupperà una nuova influenza e arrivare a prevedere scenari possibili. Non è che il concetto di Big Data – che si riferisce a cose che possono essere fatte su larga scala che non sarebbero possibili su una più piccola come estrarre nuove forme di valori – abbia una connessione diretta con la salute digitale, ma certo è uno dei campi di maggiore impatto.
Il bestseller di Kenneth Cukier e Viktor Mayer-Schonberger, Big Data: A Revolution That Will Transform How We Live, Work, and Think, permette di avere un quadro chiaro di che cosa è possibile estrarre dalla mole di dati digitali di cui oggi disponiamo. E le informazioni crescono costantemente. Il primo caso del libro è legato alla possibilità di identificare sul nascere una nuova ondata di influenza. Il libro parte da un caso semplice. Nel 2009 fu scoperto un nuovo virus dell’influenza. Alcuni commentatori pensavano che l’effetto sarebbe potuto essere simile a quello della Spagnola nel 1918, che infettò mezzo miliardo di persone e ne uccise decine di milioni. Non era pronto un vaccino per il nuovo virus e la sola speranza era di rallentare la diffusione, ma era necessario avere un quadro preciso di dove fossero i focolai. Negli Stati Uniti i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) chiesero informazioni ai medici, ma naturalmente perché ne potessero avere era necessario che le persone fossero malate. E tutti aspettano qualche giorno prima di consultare il medico per un’influenza. Insomma, per avere risposte ci voleva tempo e con una rapida diffusione del contagio due settimane possono essere un’eternità.
Intanto gli ingegneri di Google avevano pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Nature. Gli autori spiegavano come Google potesse prevedere la diffusione dell’influenza in inverno negli Stati Uniti, non solo da un punto di vista nazionale, ma nelle singole regioni e stati. Tutto questo era possibile sulla base delle ricerche delle persone su internet. Analizzando i picchi di domande semplici come: “rimedi per tosse e febbre”, da parte di tutti coloro che cercano ogni giorno in rete, Google era riuscita ad avere un modello di previsione con forte anticipo sul manifestarsi del fenomeno (leggi qui). Quando ci si comincia a sentire male si fanno ricerche su Google molto prima di andare dal medico. L’analisi delle informazioni digitali consente di identificare un fenomeno in una fase precedente. Su Youtube la viva voce di Kenneth Cukier racconta quanto abbiamo a disposizione.

Mercato

Ma salute digitale è anche semplicemente mercato. Il Consumer Electronic Show (Ces) di Las Vegas lo scorso gennaio ha dato l’idea di quanto il mercato sia fiorente e in espansione, con 300 aziende presenti. Il 40% in più rispetto al 2013. E si lavora già al prossimo Digital Health Summit, in programma sempre a Las Vegas dal 6 al 9 gennaio del 2015.

Il lato umanistico. Scrivere fa bene - La medicina narrativa

C’è poi l’aspetto più legato al dato antropologico. Ci sono arrivata per caso, nel senso che mi capita di scrivere per lavoro, ma anche per sentirmi meglio. Poi scopro che c’è una ricca letteratura sul valore terapeutico della scrittura. Per esempio James W. Pennebaker e nel caso di un trauma o di un periodo particolarmente stressante scrivere può essere risolutivo. Naturalmente in rete c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un’autorità in materia da noi è Stefania Polvani. Ma in ogni caso basta cercare su internet “scrivere è terapeutico” e appaiono testi di ogni tipo. Tenere un diario fa bene alla salute. Lo ha confermato un’indagine dell’Università di Auckland condotta su un campione di persone anziane. Aiuta non solo la psiche ma anche il corpo. Se la scrittura è in rete l’effetto può anche essere maggiore. Molti gli studi e gli articoli sulla blogterapia. Ma naturalmente l’effetto può essere particolarmente efficace in caso di malattia. E così ci sono progetti per condividere momenti particolarmente duri come quelli collegati ad una malattia grave.
L’approdo è la medicina narrativa, dove scrivere fa bene e ascoltare può aiutare nella terapia. Non si tratta di esperienze letterarie, ma pratiche. Se ne occupano l’Istituto Superiore di Sanità ma anche aziende farmaceutiche di peso.
Anche leggere può aiutare. La biblioterapia in Inghilterra è prevista dal Servizio sanitario nazionale.

Wikicrazia sanitaria

Il web rappresenta anche il miglior terreno per efficaci esercizi di democrazia diretta. Ero stata catturata dal libro di Alberto Cottica “Wikicrazia” con le esperienze concrete di partecipazione alle scelte. Nella “salute digitale” le innovazioni possono nascere dalla voce dei pazienti. Luca De Biase parla di “media medici” per interpretare l’idea in termini di consapevolezza.

L’aspetto finanziario

Non manca il lato più strettamente economico. Nascono start-up e crescono i finanziamenti. Secondo il rapporto annuale Rock Health, Digital Health Funding 2013 i finanziamenti alla sanità digitale sono cresciuti del 39% nel 2013 rispetto all’anno precedente e raddoppiati rispetto al 2011.

La “malattia digitale”

Se il quadro è questo, dovremmo essere tutti sulla strada per essere più sani. Ma l’altra faccia della medaglia è la nascita di nuove malattie. Dalla “sindrome da visione” allo stress professionale alla incapacità di staccarsi dalla rete. La Inability to switch off (Itso) un po’ tocca tutti. Il problema deve cominciare ad essere davvero serio se cominciano ad apparire i primi esempi per un approccio slow alla rete. All’ordine del giorno “meditazioni digitali” e connessioni a tempo per ritrovare se stessi . Intanto grandi aziende come Volkswagen staccano i server per evitare email dopo il lavoro e proteggere la sfera privata dei dipendenti dall’overdose digitale, mentre Mercedes cancella i messaggi di chi imposta la funzione di assenza. Su questa linea si stanno muovendo anche Deutsche Telekom e Bayer (leggi qui). La sintesi è che saremo anche più sani, ma un po’ malati digitali.
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