L'ufficio del futuro? Ci saranno droni, ologrammi e trasmettitori sensoriali
di Mattia, Schieppati
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11 Febbraio 2015
La ricerca "The tech evolved workplace" immagina come cambieranno gli uffici e le dinamiche lavorative da qui al 2036. Con tecnologie che modificheranno i rapporti tra colleghi e velocizzeranno i processi
Un ologramma interattivo per partecipare a una riunione dall'altra parte del mondo senza mollare neanche per un minuto la poltrona nel proprio headquarter. Videochat per svolgere le funzioni di assistenza al cliente. Ma soprattutto piattaforme sempre più evolute per l'archiviazione e la condivisione di dati e informazioni accessibili da remoto dai dipendenti, ovunque essi si trovino. Stanno a metà tra il libro dei sogni e una proiezione realistica di quanto lo sviluppo tecnologico potrà mettere a disposizione del mondo del lavoro da qui a vent'anni gli spunti che emergono da
The tech evolved workplace ("Il posto di lavoro tecnologicamente evoluto"), l'indagine condotta da
Coleman Parkes Research e sponsorizzato da
Ricoh (
vedi qui) che ha coinvolto
2.200 dipendenti (senior manager, middle manager, junior manager ed executive/assistant) di aziende di otto diversi settori di mercato (tra cui Istruzione, Settore Legale, Utilities/Energia, Sanità, Settore Pubblico, Retail, Settore Manifatturiero e Servizi Finanziari) in tutto il mondo, su un quesito che lascia spazio alla fantasia: come cambierà il vostro lavoro nei prossimi vent'anni sotto la spinta dell'avanzamento tecnologico che sta investendo il mondo del business?
Otto intervistati su 10 prevedono che entro il 2036 il loro posto di lavoro sarà trasformato da tecnologie e processi che oggi ancora non esistono. Oltre la metà dei rispondenti si aspetta che nel corso del prossimo decennio negli uffici saranno disponibili le seguenti innovazioni:
strumenti interattivi touch: 69%,
sistemi di riconoscimento vocale utilizzate per svolgere le proprie attività: 60%;
occhiali per la realtà aumentata: 56%.
Inoltre, il campione d’indagine è convinto che entro i prossimi 20 anni sarà in grado di farsi sostituire da assistenti virtuali e ologrammi nelle riunioni aziendali. Le innovazioni che secondo i rispondenti potrebbero diventare realtà includono i droni, il che è già abbastanza plausibile ora, ma anche tecnologie molto più fantasiose come comunicazioni bluetooth cervello-cervello e trasmettitori sensoriali, ovvero piccoli dispositivi adattati all’orecchio che consentono di trasmettere dati audio e video direttamente al cervello sotto forma di segnali elettronici.
Grandi attese anche da un uso più diffuso dei robot per svolgere attività laboriose oppure per aumentare la conoscenza umana. Per esempio, l’assistente virtuale di un medico potrebbe effettuare diagnosi e suggerire terapie studiando libri di medicina, osservando i medici mentre curano i pazienti e accedendo a repository di informazioni. Oppure, un customer service sarà in grado di essere interamente automatizzato mediante helpdesk virtuali che utilizzano l’intelligenza artificiale. Al riguardo, spicca il 59% dei manager convinto che entro i prossimi 20 anni gli ologrammi saranno utilizzati sul posto di lavoro.
A emergere, è soprattutto un'esigenza che caratterizza in modo trasversale i diversi settori di business e i diversi livelli aziendali: la necessità di utilizzare, e in tempi relativamente brevi, nuove tecnologie che migliorino l’interazione con i colleghi e semplifichino la gestione delle informazioni. Ai partecipanti all’indagine è stato poi chiesto di identificare i principali benefici di un posto di lavoro tecnologicamente evoluto. Il campione attribuisce uguale importanza ai seguenti aspetti:
ottimizzazione dei processi di business,
migliore accesso alle informazioni,
possibilità di eseguire il proprio lavoro più rapidamente.
Questo sta a significare che le caratteristiche che rendono produttivo un posto di lavoro oggi - processi digitalizzati, capacità di visualizzare e utilizzare i dati quando necessario e di adattarsi rapidamente ai cambiamenti guidati dalla tecnologia - rimarranno fondamentali anche in futuro.
Se l'aspetto che riguarda il "sogno" è molto stimolante, aleggia però tra gli intervistati anche una diffusa incertezza riguardo alla reale capacità della propria azienda di incamminarsi lungo queste strade di evoluzione digitale. Solo un terzo degli intervistati (29%), infatti, è convinto che la propria azienda desidera realmente creare nuovi modi di lavorare e implementare tecnologie che rendano il futuro una realtà. La ricerca mostra inoltre che, secondo i dipendenti, le imprese prima di cogliere le opportunità delle innovazioni all’orizzonte, dovrebbero cercare di trarre vantaggio dalle tecnologie e dai processi disponibili oggi. In particolare:
piattaforme per la collaborazione interna (primo posto),
soluzioni web-based per organizzare meeting (secondo posto),
follow-me printing (terzo posto).
Per i dipendenti di oggi le informazioni archiviate digitalmente rimangono il più grande asset reso possibile dalla tecnologia, oltre alle e-mail e a Internet; il 62% del campione d’indagine ritiene le informazioni digitali fondamentali, ma un sesto non ha possibilità di accedervi
Ha commentato David Mills, Ceo di Ricoh Europe: «I prossimi due decenni porteranno innovazioni che non solo aumenteranno la produttività e il vantaggio competitivo, ma motiveranno i dipendenti a pensare: “cosa succederà?” e “come queste innovazioni potranno aiutarmi a essere più efficiente?”. Tutto ciò mette in evidenza la necessità per le organizzazioni di rivedere e adattare fin da subito le proprie modalità operative creando un terreno più fertile per trarre vantaggio dalle innovazioni digitali del futuro. Per alcune aziende questo comporta un cambiamento culturale. Tutte le aziende che riusciranno a trarre vantaggio dall’innovazione miglioreranno il business nei prossimi 20 anni e oltre. Forse a metà di questo secolo saranno le nostre rappresentazioni virtuali a gestire sistemi e processi, mentre noi lavoreremo per aumentare la produttività, migliorare i servizi ai clienti e la profittabilità del business in modi che ancora non possiamo immaginare».