Le start-up italiane alleate preziose per i pagamenti
di Giovanni, Medioli
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15 Luglio 2016
Intervista ad Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI, che parla di start-up, Fintech e innovazione. E sottolinea come il settore dei pagamenti sia la punta più avanzata di quella crescita e vivacità che sta interessando il mondo delle start-up del Fintech …
Anna Gervasoni, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese all'Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza e direttore del Master in Private Equity, membro di numerosi Cda , da Borsa Italiana a Banca Generali, senza dimenticare il Fondo Italiano di Investimento, è una delle figure femminili di maggior spicco nel mondo finanziario italiano visto che da molti anni è Direttore Generale di AIFI, l’associazione italiana degli operatori di Private Equity, Venture Capital e Private Debt. In altre parole AIFI è l’associazione che riunisce gli investitori privati e pubblici che in Italia investono nel capitale di rischio delle imprese, comprese quelle nascenti, le cosiddette start-up. Fino a qualche anno fa venivano considerate le cenerentole di un mercato che sembrava dominato dalle medie imprese familiari, oggi le start-up rappresentano la porta per l’innovazione.
Partiamo da una vostra recente iniziativa. Cos’è VentureUp?
AIFI ha lanciato quest’anno un portale che si propone di mettere in contatto il mondo delle nuove idee imprenditoriali con gli investitori professionali che possono aiutarle a crescere e a diventare grandi, ovvero affrontare il passaggio alla dimensione aziendale vera, il passaggio che fino ad oggi in Italia sembra essere sempre mancato al mondo dell’innovazione. Innovazione non solo industriale ma anche finanziaria e nei pagamenti.
Start-up e pagamenti, un binomio sempre più stretto a cui il Salone di Pagamenti dedicherà uno spazio importante …
Non c’è dubbio che uno dei settori dove l’evoluzione generata dalle start-up sta dimostrando maggiore vivacità sia quello del Fintech, di cui il settore dei pagamenti è forse la punta più avanzata. Non è un caso se molte delle nostre maggiori gruppi - mi vengono in mente Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banca Sella, Generali, Allianz, ma potrebbero essercene altre - hanno creato veicoli appositi per sostenere i loro investimenti nel settore.
Non c’è il rischio che sia una moda?
Non lo penso affatto. Si tratta di una tendenza che nel prossimo futuro definirà le competenze e la capacità competitiva dei protagonisti del settore finanziario, banche e assicurazioni. In maggio ho partecipato a Londra a una riunione sull’evoluzione del mercato finanziario dove ci hanno distribuito subito uno studio di 50 pagine su quello che succede in campo Fintech. Nell’arco di pochi anni l’intero mondo dei servizi finanziari, compresi quelli di pagamento, potrebbe risultarne completamente trasformato. Per questo ritengo che per banche e assicurazioni il fatto di avere veicoli appositi sia certamente una politica vincente, sia che lo scopo sia quello di finanziare start-up con operazioni di venture capital sostenendone lo sviluppo, sia che si tratti di acquistare direttamente i migliori brevetti disponibili sul mercato.
Che posizione occupano le start-up Fintech nell’attrazione di capitali sulle nuove imprese in Italia?
Secondo il nostro osservatorio sono al quarto posto, numericamente, dopo il medicale, l’information technology, che fino a qualche anno fa era dominante, e dei servizi non finanziari. Sorprendentemente, anche prima di altri settori come biotecnologie, nanotecnologie o robotica. Ci sono molti preconcetti da sfatare quando si parla di start-up. Con l’operazione VentureUp stiamo tentando una grande opera di educazione finanziaria verso questo mondo che fino ad oggi ha navigato con entusiasmo ma spesso con poca coordinazione.
Come vanno "educate” le start-up italiane?
Il primo passo che facciamo verso gli startupper è di insegnare loro a fare un business plan che li renda più "desiderabili” per gli investitori. Il secondo è cercare di capire con loro qual è la fonte finanziaria più corretta a cui cercare di accedere, dai contributi pubblici, all’angel investing al
crowdfunding, per arrivare al venture capital. Inoltre stiamo incontrando gli oltre 100 incubatori e acceleratori (molti dei quali di matrice universitaria) che ci sono in Italia. Puntiamo ad aggregare iniziative, magari eccellenti, che fino a oggi sono andate avanti in maniera parallela senza incontrarsi: ci siamo resi conto che esistono realtà che possono integrarsi bene. Semplicemente non si erano mai parlate, così come non avevano mai avuto l’occasione di incontrare i nostri investitori.
L’innovazione quindi passa dal gioco di squadra…
Abbiamo capito che l’innovazione non potrà avere successo in Italia se non diventiamo capaci di fare rete, di strutturare punti di aggregazione e dialogo come vuole essere il nostro portale. Troppo spesso ci sono progetti che vanno avanti senza sapere l’uno dell’altro. Anche per questo stiamo già lavorando a un’iniziativa comune con #Italyfrontiers il portale per le start-up innovative lanciato dal sistema delle Camere di Commercio con il sostegno del Mise. E abbiamo lanciato una newsletter quotidiana gratuita, Private Capital Today, per informare e aggiornare sulle attività del mondo degli investimenti nel capitale di rischio. AIFI e PwC, ideatori dell’iniziativa, vogliono far conoscere la vita di un fondo di private equity e di private debt: raccolta, investimento, chiusura di un’operazione e disinvestimento sono le fasi di vita principali di un investitore e su ognuna di esse c’è una storia da raccontare. Private Capital Today seguirà anche i soggetti che lavorano accanto a un fondo: advisor, studi legali e di commercialisti, soggetti della filiera. Credo ci sia, finalmente, la possibilità di fare un grosso passo avanti.