Lo startupper italiano? Ha 30 anni e odia la burocrazia
di Mattia Schieppati
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30 Aprile 2013
Una ricerca dell'Università Bocconi traccia il profilo dei neo-imprenditori in campo tecnologico. Mentre sono già oltre 600 le start-up previste dal decreto Crescita 2.0 registrate nelle Camere di Commercio di tutta Italia. Ecco la mappa completa
Dopo tanto parlarne, eccole, finalmente. Sono le start-up "ad alto contenuto tecnologico" previste - era lo scorso mese di ottobre - dal Decreto Crescita 2.0 voluto dall'allora ministro Passera (guarda
l'articolo di Bancaforte) e che avrebbero dovuto rappresentare la punta di diamante dell'innovazione imprenditoriale italiana. Ora questo gruppetto scelto è finalmente nero su bianco, ha un nome, un ambito di attività e si può cominciare a vederlo all'opera. Ma soprattutto a definire i confini del "fenomeno".
Sono 618 le start-up conformi al decreto registrate ad oggi presso le Camere di Commercio di tutto lo stivale (per l'elenco completo
clicca qui), si concentrano soprattutto al centro-nord (la regione che ne conta il maggior numero è la
Lombardia, con 107, seguita dal
Piemonte, con 80 imprese registrate) e spaziano nei più svariati campi di attività, dallo
sviluppo di software, alla
ricerca applicata in campo scientifico, fino alla realizzazione di sistemi destinati ad ambiti produttivi più tradizionali come le movimentazioni di merci in magazzino e la gestione della supply chain.
L'averle messe nero su bianco e averne mappati ambiti e distribuzione territoriale è un traguardo importante, che consente di porre le basi per lo sviluppo successivo di questo nuovo tessuto imprenditoriale.
Che, oltre alla ragione sociale, sta facendo emergere anche un nuovo profilo di imprenditore. Profilo che è stato al centro di una recente indagine scientifica svolta da un ricercatore dell'Università Bocconi, Niccolò Meroni, che ha provato a tracciare l'
identikit dello startupper italiano mettendo a sistema e analizzando il database messo a disposizione da Startupbusiness, la realtà che sta lavorando all'organizzazione della prima
Fiera delle startup, prevista per giugno (info:
http://it.startupbusiness.it). I risultati? Lo startupper "medio" italiano è un maschio (87%), trentenne (41%), del nord (60%), che ha già maturato precedenti esperienze imprenditoriali/lavorative (è così per il 40% dei casi) prima di intraprendere la carriera imprenditoriale nel campo dell'innovazione tecnologica. Gli startupper
laureati in management o ingegneria rappresentano più del 70% dell’intero corpus, e quasi tutti hanno trascorso almeno tre mesi all’estero.
L'indagine è interessante anche perché spiega quali sono gli stimoli che stanno all'origine della nascita dell'impresa. La maggior parte dei progetti delle startup (il 42%) è nata grazie al brainstorming sviluppato con amici o colleghi. L’innovazione è più frequente dell'invenzione (42% contro 12%). Ad avviare i neomeccanismi imprenditoriali sono staff ridotti ai minimi termini, composti da 2-4 persone, mentre sono più rari gli staff numerosi, anche perché il principale team-building in genere è l’amicizia nata nell’ambito universitario.
I principali problemi che incontrano gli startupper nello sviluppo della loro idea in impresa? Manco a dirlo, gli eccessivi vincoli burocratici, al secondo posto la difficoltà nel trovare partner economici che apportino capitali, mentre per il 35% dei casi il primo sbocco - e battesimo di fuoco nella ricerca di investitori - è costituito dalla partecipazione a competition, pitch, barcamp e altre occasioni di visibilità pubblica. Solo il 30% degli startupper sfruttano gli incubatori.