Nel profondo BLU
di Ildegarda Ferraro
-
6 Marzo 2012
Dalla blue economy di Gunter Pauli un nuovo modello di crescita sostenibile
Il verde vira sul blu. E mentre il quadro si complica e le prospettive di crescita continuano a rallentare, acquistano forza punti di vista in base ai quali non occorrono grandi investimenti per essere natura compliant. La prima regola della
blu economy e del suo guru, Gunter Pauli
, è imparare dalla natura. Le declinazioni possono essere infinite, tutte ancorate ai 21 principi di base da cui partire facendo perno su dati fisici semplici ed essenziali.
A scuola dagli animali
Ma prima dei principi viene l’osservazione della natura. È una scuola imbattibile per disegnare il cambiamento. E qui entrano in campo zebre, zanzare, gechi, pinguini, rane, balene, spugne, pipistrelli, elefanti, picchi. Senza dimenticare iniziative imprenditoriali come far crescere funghi sulla posa di caffè. L’idea è che i nostri sistemi sono davvero primitivi rispetto a quelli messi a punto dalla natura. Possiamo prendere spunto. E così dal manto della zebra è possibile mettere a fuoco un’idea di aria condizionata senza macchine. Le strisce bianche riflettono e riducono la temperatura, le nere fanno il contrario. La differenza di pressione tra l’aria più calda e quella più fredda crea delle micro correnti. Il sistema non è passato inosservato: sfruttato dal gruppo Daiwa House di Sendai, permette di ridurre la temperatura di 5 gradi centigradi. Nelle zebre che beneficiano della mano della natura di 9. Le zanzare pungono senza provocare dolore. Di qui la copia degli aghi, messa a punto da un’azienda che ha riprodotto l’idea di un ago a forma conica. E ancora, gechi per studiare l’aderenza senza colla, dai pinguini si può imparare a desalinizzare l’acqua, dalle rane nuovi concetti di imballaggio, dalle balene meccanismi per ridurre la resistenza, dalle spugne sistemi di comunicazione a basso impatto ambientale. E così via. I pipistrelli possono dare la linea per sistemi radar per la sicurezza degli aeroporti, gli elefanti apparecchi acustici che focalizzano la sensibilità nelle zampe, i picchi sistemi di assorbimento di impatto.
Business sostenibile
Insomma, niente di nuovo sotto il sole. A patto di imparare a guardare anche il sole in un modo diverso. Almeno questo è quello che insegna Gunter Pauli nel best seller “Blue Economy – 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro”, per non pretendere di più dalla Terra ma fare di più con ciò che ci offre. Ricchissimo di spunti il sito ufficiale (
www.community. blueeconomy.de/), che può contare su una bella sezione di filmati. Non mancano consigli e dritte per iniziative imprenditoriali sui generis. La sezione si chiama “
Business in a box” e si rivolge agli imprenditori che vogliono creare un’impresa e stanno cercano la giusta innovazione per buttarsi in affari. Come coltivare funghi sulla posa di caffè. L’iniziativa è portata avanti da un’azienda, la Chido, a Berlino e ci sono tutti i riferimenti per sapere come va.
Certo Gunter Pauli è un sognatore, ma con gli occhi abbastanza aperti e i piedi ben piantati per terra. Almeno a giudicare dal successo che ha messo a segno. D’altra parte ha fatto l’imprenditore, producendo detersivi biologici per un bel pezzo della propria vita. Visto come stanno andando le cose, anche il successo della blue economy, non è male in un momento in cui non proprio tutto va per il meglio.
I principi sono sanamente ancorati alla realtà. Niente voli pindarici. Si va dalla considerazione che le soluzioni debbano basarsi sulla fisica e che pressione e temperatura sono determinanti, a quella secondo cui in natura l’immondizia non esiste, perché ogni scarto è la fonte di un nuovo prodotto. E ancora: in natura si va da poche specie ad una ricca biodiversità, c’è sempre spazio per gli imprenditori per fare di più con meno. Seguono un peana per l’energia solare e uno per l’acqua, che è il solvente ottimale. Non manca il risalto alla regola che tutto è in costante cambiamento. Quanto è disponibile localmente ha il suo peso, di qui l’importanza nel business sostenibile delle risorse locali, ma anche della cultura e della tradizione. In natura le negatività si convertono in positività, i problemi sono opportunità.
Insomma, la base mi sembra di sano buon senso. Non so se riuscirà a scardinare i capisaldi dell’attacco alla Terra. Ma certo può aiutare.
Tutti i colori del mondo
Mi piace il blu. E in questo devo dire che sono molto conformista. Almeno secondo la tesi di chi di colori se ne intende davvero come Michel Pastoureau, il maggior esperto della loro storia e del loro significato. Oltre “
I colori del nostro tempo” dello stesso autore è uscito di recente “
I colori dei nostri ricordi”. E insomma sembra che sia normale, perché in Europa la metà della popolazione preferisce il blu, mentre il colore meno amato è il giallo. Secondo Pastoureau dipende dalla morale protestante, che si è imposta anche al mondo cattolico. Il nero, il grigio e il blu sono colori onesti. Il problema è che a me piace anche il viola, che secondo l’autore non contiene un messaggio troppo preciso, il verde, che nel medioevo aveva una cattiva reputazione, e l’arancione, che è un rosso senza la sua drammaticità. Ma i colori sono una cosa davvero seria. La loro valenza e impatto variano profondamente. Per Pastoureau senza i colori non si fa la storia e l’ultima frontiera del marketing è azzeccare la
tinta giusta. La sua è anche la vicenda personale di chi con i colori
ha fatto i conti. Come ha ricordato
Claudio Magris, il viaggio alla ricerca del colore perfetto è pieno di seduzione e di mistero. E lascia una traccia indelebile in tutta la nostra cultura, da Kant a Goethe, da Kandinsky a Picasso, da Besson a Kieslowski. Con una predilezione per il blu.