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19 Aprile 2024 / 05:55
Diritto all'oblio: così ci si fa dimenticare da Internet

 
Fintech

Diritto all'oblio: così ci si fa dimenticare da Internet

di Mattia Schieppati - 3 Giugno 2014
Dopo la storica sentenza della Corte di Giustizia Ue, Google ha messo online un modulo per chiedere la cancellazione di link considerati dannosi. La valutazione spetta a un comitato di "saggi"
Dodicimila richieste di cancellazione di link in una sola giornata. Questo il primo effetto della storica sentenza della Corte di giustizia europea che, accogliendo il ricorso di un cittadino spagnolo che voleva togliere dal web qualsiasi riferimento a un caso di bancarotta che l'aveva colpito, ha intentato una battaglia unica nella storia: affermare il diritto a cancellare dalla rete contenuti che qualsiasi singolo cittadino considera per sé dannosi o che non sono più pertinenti rispetto all'attualità.
Un territorio giuridico assolutamente nuovo, nel quale la Corte europea si è avventurata senza troppe decisioni e ha sentenziato lo scorso 13 maggio, riconoscendo ai cittadini il diritto di essere "dimenticati" su Internet, chiedendo la rimozione di quei contenuti considerati «inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati», dice la sentenza. E, di conseguenza, vincolando tutte le realtà che sul web operano - motori di ricerca in primis - a predisporre sistemi facili e accessibili affinché i cittadini possano esercitare questo diritto. La sentenza, infatti, sottolinea in particolare il fatto che i motori di ricerca sono responsabili del trattamento dei dati personali pubblicati su pagine web di terzi. Una bella responsabilità, a cui Google ha risposto per prima, e con efficienza, mettendo online un formulario, aperto a tutti gli utenti, per richiedere la rimozione di link che rientrano nella fattispecie prevista dalla sentenza (qui il modulo).
Ma chi stabilisce se un contenuto va davvero rimosso oppure no? Qui sta la difficoltà, e fatta la legge, la Corte certo non è entrata nel merito di tale questione. Lasciando l'incombenza alle stesse aziende che operano sul web. «La sentenza della Corte richiede a Google di prendere decisioni difficili in merito al diritto di un individuo all'oblio e al diritto del pubblico di accedere all'informazione», spiega il portavoce di Google, «stiamo creando un comitato consultivo di esperti che analizzi attentamente questi temi. Inoltre, nell'implementare questa decisione coopereremo con i garanti della privacy e altre autorità». Secondo quanto è stato reso noto, il comitato di esperti è formato da sette persone con formazione diversa. Ne fanno parte il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales, Peggy Valcke, professore di legge all'Università di Lovanio, Frank La Rue, che ha un incarico speciale all'Onu per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione ed espressione, Jose Luis Pinar, accademico all'Università Ceu San Paolo di Madrid, Luciano Floridi, professore a Oxford di filosofia ed etica dell'informazione, oltre a due alti dirigenti di Google: Eric Schmidt, il presidente, e David Drummond,vice presidente degli affari legali.
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