Sharing economy, buoni i numeri ma servono regole
di Mattia Schieppati
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24 Novembre 2015
Presentata la ricerca TNS sull'economia condivisa in Italia. Crisi e passaparola i motori del successo del fenomeno
La sharing economy, ovvero l'insieme delle attività economiche che hanno come presupposto la condivisione e non in possesso di beni, costituisce un fenomeno sempre più presente nelle abitudini dei consumatori. In tanti ormai hanno sperimentato la comodità del car sharing o hanno fatto le vacanze scegliendo l'alloggio attraverso la struttura di AirBnb. Non si tratta più solo, ormai, di un fenomeno per neo-hippy allergici alla proprietà, ma è un sistema che comincia a riguardare una fetta interessante dell'economia mondiale, oltre che una mentalità diffusa dei consumatori.
Una fotografia recente e affidabile del fenomeno sul mercato italiano è quella emersa dall'ultimo
ShareItaly, l'evento sull'economia partecipativa organizzato da
Collaboriamo e
TRAILab. Che è stato aperto dalla presentazione dei dati di una
ricerca specifica realizzata dall'Istituto TNS, che ha dimostrato come «in Italia, i servizi di condivisione sono conosciuti dal 70% degli intervistati ed utilizzati dal 25%: circa 1 milione di individui in più rispetto a un'identica indagine svolta nel 2014», ha detto
Federico Capeci, Chief Digital Officer & CEO Italia di TNS.
«La crescita è sempre sostenuta, ma sicuramente più timida. Un mondo eterogeneo di beni e servizi, usati in condivisione, che raccontano un profondo cambiamento sociale, e l'emergere di motivazioni diverse sottostanti l'utilizzo di questi nuovi modelli di business». Quali sono queste "motivazioni sottostanti"? In primis, gli effetti della crisi, ma non solo. «La crisi ha sicuramente sostenuto e dato visibilità a ai nuovi modelli di business in condivisione e la motivazione di risparmio, menzionata dal 41% resta la principale», spiega Capeci, «è seguita da quella esperienziale, che si sostanzia come innovatrice ed intelligente (39%), oltre che apprezzata risposta al consumismo (33%). E non solo: sono valori importanti i legami sociali, il valore della fiducia verificata, il feedback e i commenti che danno affidabilità al servizio/all'utente in sharing, come succede per le piattaforme di condivisione della mobilità o dell'accomodation».
Equilibrata la distribuzione tra i servizi più richiesti dagli utenti: «Quello che emerge è uno scenario molto frammentato», evidenzia Capeci: «Gli utenti dichiarano di aver usato le piattaforme di scambio e baratto di oggetti vari (10%), di accomodation (10%), di mobilità collettiva e condivisione di costi di viaggio (9%), di mobilità con servizi forniti da aziende/enti in abbonamento/compenso (9%), di mobilità con servizi forniti da altre persone dietro compenso (8%). Emergono anche i servizi di crowdfunding, raccolta collettiva di fondi, con un 7% di utilizzo, così come il social lending, peer-to-peer lending (4%), realtà concrete che iniziano a farsi vedere». Elemento ancora critico resta la regolamentazione. «A gran voce si chiedono maggiori informazioni, garanzie e tutele che permettano un avvicinamento al modello in maggiore sicurezza e tranquillità», conclude Capeci.