Sempre più evoluti, ma sul web tracce di un passato selvaggio
di Ildegarda, Ferraro
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11 Settembre 2015
Il migliore dei mondi possibili. Più intelligenti, con meno paure, migliori di come ci sentiamo. Tutte le ricerche dicono che avanziamo nella scala dell’evoluzione. Ma sul web si possono scatenare gli istinti peggiori, cresce l’aggressività e si può dare il peggio pensando di non essere visti ...
Più intelligenti
Miglioriamo. Pare assodato da tutte le ricerche. Siamo più intelligenti. In 64 anni, dal 1950 al 2014, in 48 paesi del mondo è stato registrato un aumento del quoziente intellettivo. Lo studio è complesso, messo a punto da tre ricercatori del King’s College London,
pubblicato su Intelligence ma la divulgazione ne ha scritto parecchio. Per esempio
Elena Dusi su Repubblica, che ha raccontato come in poco più di sessant’anni il quoziente intellettivo è passato da 100 a 120. “Ogni decennio – scrive Dusi – l’intelligenza del mondo aumenta di due o tre punti, a seconda della regione geografica”. E India e Cina crescono costantemente. Le ragioni: probabilmente l’educazione, l’energia elettrica, che permette di leggere anche la sera, la diffusione del pensiero razionale e astratto. La crescita dell’intelligenza è riconosciuta da più parti. Si parla normalmente di
Effetto Flynn, dal nome dello psicologo neozelandese James Flynn che notò la facilità degli standard precedenti rispetto a quelli attuali. E anche se non tutti sono d’accordo con l’idea che avere un quoziente intellettivo più alto significhi essere più capaci, certo è meglio salire nella scala dell’evoluzione che scendere. E anche il web può aiutarci a crescere.
Più sicuri
Abbiamo meno paura. L’abitudine all’insicurezza ci rassicura e le paure non si traducono in Paura. Non è poca cosa. Lo ha detto a chiare lettere l’VIII rapporto dell’
Osservatorio europeo sulla sicurezza, realizzato da Demos e Pi e Osservatorio di Pavia per la Fondazione Unipolis. Gli indici dell’insicurezza sono tutti in discesa, sia per quanto riguarda lo scenario globale, sia per l’economia, la politica, i temi legati alla criminalità.
Gli indici dell'insicurezza in Italia
Valori % di persone che affermano di sentirsi “frequentemente” preoccupate su ciascun aspetto, per sé e per al propria famiglia
Italiani, migliori di come ci sentiamo
C’è una distanza non banale tra come noi italiani ci consideriamo e come gli altri ci vedono. La nostra autostima è molto bassa. Forse questo pesa anche sul Paese e su come lo raccontiamo. D’altra parte è una consuetudine tutta nostra quella di sottovalutarci. Il dato di questa carenza di stima
è calcolato dal Reputation Institute.
Ne aveva parlato a lungo
su Repubblica Michele Smargiassi. E il dato non tende a migliorare. Gli altri ci considerano e ci apprezzano per la simpatia e il modo amichevole delle persone, per la piacevolezza dello stile di vita, per la bellezza del Paese, per il contributo alla cultura, per la salvaguardia dell’ambiente, per la qualità dei prodotti. Siamo il quattordicesimo paese più apprezzato, in una graduatoria che ci vede davanti a Germania, Giappone, Spagna, Portogallo, Francia.
Ma la nostra autostima è davvero molto bassa.
E tra tutti i paesi abbiamo il gap più alto tra la reputazione interna, quello che pensiamo di noi stessi, e quanto gli altri ci considerino. Siamo i più severi.
Il selvaggio riemerge sul web
Insomma, miglioriamo e saliamo costantemente nella scala dell’evoluzione. Ma sul web riappare il selvaggio. Soprattutto se la sensazione è di non essere visti o riconosciuti. Lo chiarisce bene Christian Rudder nel suo bel libro
Dataclisma, Chi siamo davvero quando pensiamo che nessuno ci stia guardando (Mondadori, pp. 312, 32 euro). Se ne è parlato molto, la sintesi per alcuni è I
n pubblico siamo colombe ma diventiamo squali sul pc ,
come ha scritto Il Giornale, per altri è la foto dell’umanità ai tempi dei big data (
leggi qui).
Christian Rudder, presidente di OkCupid, uno dei maggiori siti americani di dating Rudder è un matematico molto sveglio (
guarda questo video), che non si dedica solo ai numeri, visto che è cofondatore e presidente di OkCupid, uno dei siti di dating più diffuso negli Usa. La matematica quindi al servizio degli incontri, in un mix di analisi affidata a grandezze un tempo insperabili per tirare le somme su temi semplici e universali. Gli uomini quali donne preferiscono? La risposta è le ventenni, sempre ovunque e comunque. Anche a cinquant’anni gli uomini dicono di preferire le donne di venti. Che non sono però quelle con cui a cinquanta vorrebbero un appuntamento, visto che optano per le trentacinquenni. Oltre quell’età il diluvio. E le donne come scelgono gli uomini? Beh da questo punto di vista c’è invece una graduatoria di età. E poi quanto conta il gruppo etnico di provenienza? Conta parecchio.
Dataclisma è prima di tutto un libro divertente, che non perde occasione per toccare temi delicati con leggerezza, senza però scadere mai nell’ovvio o nel banale.
E insieme a quello che ci unisce c’è quello che ci divide. Rudder dedica un lungo capitolo a “I giorni della rabbia” e a come una semplice battuta su Facebook oppure su Twitter si possa trasformare in un gesto cui segue il tentativo di distruzione personale, quasi una lapidazione. “La metafora della lapidazione – scrive Rudder – ritorna di continuo. Non è una coincidenza che fosse la pena di morte prediletta delle religioni antiche: non c’è un solo carnefice; è la comunità che esegue la condanna. Nessuno potrà mai stabilire chi ha lanciato il sasso fatale, perché tutti hanno agito insieme. Per una tribù in espansione, che combatte per preservare se stessa e il proprio dio in un mondo ostile, quale miglior sistema potrebbe esistere? C’è una forza nella colpa collettiva, e la colpa si attenua nella condivisione. Elimini l’Altro e ricostruisci la tua integrità”.
Il selvaggio emerge nitido sul web. Rudder dice che “Possiamo considerare il sacrificio umano un qualcosa che appartiene a un passato selvaggio. L’istinto resta in noi”. Rudder scrive anche che: “Prima di Internet, la gente non poteva contare su di un pubblico così vasto. Il secondo cambiamento è che il web ha fatto di ciascuno di noi una figura pubblica”. E non basta. “I social media” – aggiunge Rudder – “ti danno potere nella misura in cui ti rendono degno di essere fatto a pezzi. Molto di ciò che rende Internet utile per la comunicazione – l’asincronia, l’anonimato, l’evasione, l’assenza di un’autorità centrale – è anche ciò che lo rende spaventoso. La gente può agire come vuole e dire quello che vuole senza conseguenze”. Ma gli enzimi per disinnescare il selvaggio sono anche su Internet. Rudder dice che “possiamo localizzare chi parla, le parole, il momento, persino la latitudine e la longitudine della comunicazione umana”. E possiamo quindi immaginare soluzioni per quando appare un gesto selvaggio. Che vanno attivate per crescere anche sul web.