Apprendistato contro la crisi
di Giancarlo Durante
-
2 Novembre 2012
Il settore del credito è stato tra i primi a puntare su questo strumento che pone sempre più attenzione agli aspetti formativi. Demandando la regolamentazione di quelli di base e trasversali alle regioni...
Il 24 aprile 2012 il settore del credito si è dotato di una nuova regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante, dando attuazione all’impegno assunto il 19 gennaio 2012 in sede di rinnovo del contratto collettivo nazionale a rivedere la disciplina dell’istituto alla luce del Testo Unico dell’Apprendistato varato con il D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167.
La nuova regolamentazione contrattuale, tempestivamente definita in seno a una Commissione paritetica appositamente istituita, ha consentito alle aziende di credito di continuare ad assumere con contratto di apprendistato professionalizzante senza soluzione di continuità rispetto al pregresso regime normativo, in vigore fino al 25 aprile 2012.
L’Accordo raggiunto il 24 aprile 2012 conferma quindi l’importanza che nel settore del credito è stata attribuita all’apprendistato professionalizzante sin da quando, con la riforma Biagi del 2003, si è chiusa la stagione dei contratti di formazione e lavoro e l’apprendistato è stato reso realmente accessibile a tutti i settori produttivi attraverso la rivisitazione di molti aspetti dell’istituto, ancora risalenti ad una legge del 1955.
Oggi come allora, infatti, il settore del credito è stato tra i primi a credere nell’apprendistato professionalizzante predisponendo una disciplina contrattuale coerente con la legislazione di riferimento, completa e operativa, che testimonia nei fatti l’obiettivo di rendere l’apprendistato la tipologia contrattuale tipica di ingresso dei giovani al mondo del lavoro.
Una convinzione, solida e comune, che tra il 2005 e il 2011 ha permesso a oltre 12mila giovani di accedere in banca con un contratto che, va sottolineato, è a tempo indeterminato, offre ampie garanzie in termini di trattamento economico e normativo, e, soprattutto, consente – con la sua importante componente formativa – di acquisire un ampio bagaglio di conoscenze e competenze.
Come previsto dall’Accordo del 19 gennaio 2012 e come richiesto dal Testo Unico, le Parti hanno approcciato alla tematica in un’ottica di adeguamento e di adempimento a un obbligo previsto dalla legge, tenendo quindi conto dei maggiori spazi conferiti alla contrattazione collettiva nella regolamentazione dell’apprendistato e del nuovo ruolo assunto dalle regioni in materia.
Gli aspetti formativi
Particolare attenzione è stata riservata dalle Parti agli aspetti formativi del contratto di apprendistato, anche considerando quanto specificamente previsto al riguardo dal Testo Unico al fine razionalizzare gli ambiti di competenza dello Stato e delle regioni sul tema della formazione e superare i contrasti sfociati più volte in ricorsi alla Corte Costituzionale.
In questo senso, l’Accordo del 24 aprile 2012 prende atto del netto riparto di competenze operato dal Testo Unico tra formazione professionalizzante, di competenza della contrattazione collettiva, e formazione di base, di competenza regionale, quantificando in 80 ore medie per anno la prima e stabilendo per la seconda, ove manchi una regolamentazione regionale, una durata pari a 120 ore nel triennio.
Inoltre, facendo tesoro dell’esperienza ultraquinquennale di applicazione dell’istituto nel settore, sono stati rivisti i profili formativi e gli standard professionali alla cui acquisizione tende l’apprendistato professionalizzante, individuando, in luogo dei precedenti nove, i seguenti cinque profili:
addetto attività commerciali;
addetto attività di supporto alla gestione dell’azienda;
addetto attività di supporto aree specialistiche di business;
addetto attività amministrative e/o contabili;
addetto attività informatiche e/o di telecomunicazione.
Sempre in tema di formazione, è stata confermata la necessità di affiancare l’apprendista con un tutore con formazione e competenze adeguate, e la possibilità di erogare la formazione, in tutto o in parte, all’interno dell’impresa interessata, presso altra impresa del gruppo o presso altra struttura di riferimento, in modalità e-learning od on the job.
Ad aumentare l’appeal dell’apprendistato, l’Accordo del 24 aprile 2012 ha espressamente previsto che, per la formazione, le imprese potranno ricorrere ai finanziamenti del Fondo Banche Assicurazioni (FBA); possibilità quest’ultima che si è inteso agevolare con la recente sottoscrizione dell’Accordo nazionale del 16 ottobre 2012 in tema di formazione degli apprendisti, in base al quale le aziende potranno direttamente accedere ai finanziamenti che FBA renderà disponibili.
A valle della stipulazione dell’Accordo 24 aprile 2012, l'ABI si è impegnata nell’attività di promozione dei contenuti dell’intesa presso le singole regioni, con l’obiettivo di assicurare il rispetto delle competenze assegnate alla contrattazione collettiva dal T.U. e di consentire alle aziende di settore, nella maniera più ampia possibile e senza vincoli amministrativi-burocratici, lo svolgimento all’interno delle stesse aziende dell’intera formazione.
Il ruolo delle regioni
In termini generali, le regioni hanno adottato normative coerenti con le richiamate innovazioni introdotte dal Testo Unico dell’Apprendistato, in particolare in termini di riparto delle competenze, riconoscendo in primis un ruolo centrale – e in ampia parte esclusivo – alla contrattazione collettiva, quale sede di disciplina dei vari profili della materia. Del resto, il modello di apprendistato precedente la riforma (quello cioè introdotto dalla legge Biagi del 2003) non aveva funzionato proprio perché basato su competenze regolamentari ridondanti e discordanti, stante il sovrapporsi dei ruoli di Stato, 19 regioni, 2 province e contrattazione collettiva.
Invece, come accennato, con il D.Lgs. 167/2011 si è voluto optare per una forte semplificazione e per una chiara divisione dei ruoli degli attori coinvolti. Intervenendo presso i competenti assessorati delle regioni, l'ABI ha quindi evidenziato che la disciplina della materia trova il proprio fulcro nell’autonomia contrattuale collettiva, cui compete la regolamentazione dei profili principali dell’istituto, ivi compresi quelli inerenti agli aspetti formativi.
Infatti, appartengono alla competenza della contrattazione collettiva aspetti quali:
formazione professionale e specialistica (modalità attuative, criteri, tempistica, ecc.);
piano formativo individuale del lavoratore (definizione, contenuti, modalità di predisposizione, ecc.);
tutor o referente aziendale;
riconoscimento delle competenze acquisite e della qualifica ai fini contrattuali;
registrazione della formazione effettuata sul libretto del cittadino (modalità e criteri);
capacità formativa interna (definizione e criteri per il riconoscimento e la verifica).
Le regioni peraltro sono competenti per la regolamentazione in materia di:
offerta formativa pubblica di base e trasversale, sentite le Parti sociali (al riguardo, deve essere comunque rispettato il limite massimo di 120 ore nel triennio);
certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista ai fini del proseguimento degli studi (modalità definite dalle regioni in base al Repertorio delle professioni; in attesa del Repertorio delle professioni, trovano applicazione gli standard regionali esistenti).
Altra evidente semplificazione è costituita dalla facoltà di ciascuna impresa di applicare sull’intero territorio nazionale la sola normativa regionale in essere presso la regione in cui è ubicata la rispettiva sede legale.
Si evidenzia che quasi tutte le regioni, nel regolamentare – per i profili di competenza – la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, hanno tenuto in debito conto la predetta distinzione fondamentale da operarsi tra formazione di base e trasversale ad offerta pubblica e quella relativa alle competenze tecnico-professionali e specialistiche, rimesse queste ultime integralmente alla disciplina dei contratti collettivi.
Inoltre l'ABI ha specificamente chiesto e – nella quasi totalità dei casi – ottenuto la precisazione, da parte delle normative regionali, che in assenza di offerta formativa pubblica per l’acquisizione delle competenze di base e trasversali, ovvero qualora l’azienda con capacità formativa interna decida di non farvi ricorso, anche la formazione di base/trasversale sia fornita integralmente dall’azienda stessa, secondo le regole definite dalla contrattazione collettiva di comparto, ed in particolare anche con specifico riferimento alle modalità e-learning e on the job.
La risposta delle regioni
In particolare, senz’altro in linea con la “nuova” disciplina sul contratto di apprendistato professionalizzante introdotta dal T.U., risultano le regolamentazioni regionali adottate da Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Valle d’Aosta (prima regione a intervenire con delibera a regolare la materia), Lombardia, Molise, Sardegna, Toscana, Veneto e Piemonte.
Per quanto riguarda Sicilia e Basilicata, si rileva che, pur intervenendo su taluni profili in modo difforme da quanto previsto dal T.U., hanno comunque adottato una clausola c.d. di “salvaguardia”, definendo le relative normative regionali “cedevoli” rispetto agli accordi stipulati in materia dalla contrattazione collettiva (come l’Accordo del settore credito 24 aprile 2012). Inoltre, occorre considerare che la Basilicata – al pari del Piemonte – prevede che l’impresa interessata a svolgere all’interno la formazione di base/trasversale sia tenuta a presentare alla regione apposita “autodichiarazione” relativamente alla propria “capacità formativa interna”.
In Friuli Venezia Giulia, anche in considerazione della pregressa consolidata normativa in materia, è invece consentito svolgere internamente tutta la formazione per le sedi operative ubicate fuori regione.
Infine, non può non rilevarsi, invece, come Emilia Romagna, Marche e Umbria risultino le uniche regioni ad aver adottato normative regionali “difformi” su taluni profili rispetto a quanto previsto dal più volte richiamato T.U. .
L’auspicio è che le richiamate tre regioni possano, anche attraverso specifiche intese con i vari comparti, favorire soluzioni più rispondenti al mutato quadro normativo di riferimento e, soprattutto, all’esigenza di coniugare gli interessi – sostanzialmente coincidenti – dell’apprendista e dell’impresa.