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06 Maggio 2024 / 21:24
Banche, prima chiamata per ChatGPT

 
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Banche, prima chiamata per ChatGPT

di Massimo Cerofolini - 13 Ottobre 2023
In alcuni istituti finanziari parte la sperimentazione dei nuovi algoritmi generativi, capaci di dialogare in linguaggio naturale e creare contenuti di testo, immagini, voci e video. Tra gli impieghi: più conoscenza dei clienti, maggiore produttività delle operazioni, rafforzamento della sicurezza dei dati. Ma attenzione agli errori e ai pericoli su privacy. L’intervista al tecnologo Cosimo Accoto su uno dei temi più attesi del Salone dei Pagamenti 2023
Maggiore conoscenza dei propri utenti, più produttività nelle operazioni bancarie, rafforzamento della sicurezza dei dati. E ancora: creazione di servizi innovativi, personalizzazione delle offerte, scoperta di mercati a cui nessuno aveva mai pensato. Non è passato neanche un anno dal lancio di ChatGpt che già tutti parlano – stavolta a proposito – di una rivoluzione che cambierà i giochi nel mondo del lavoro e in quello delle nostre relazioni. E il software di Open Ai è soltanto il più popolare di una serie di prodotti analoghi, lanciati da diversi giganti del web, che permettono alle macchine di conversare con linguaggio naturale, rispondere con competenza a domande su qualsiasi tema, creare testi, poesie, musiche, voci, immagini, video, software, traduzioni, sintesi e tanto altro ancora. Il tutto in automatico, nel giro di pochi secondi e con una qualità assimilabile a quella prodotta da un essere umano.
Ora, dopo mesi in cui la massa ha provato, spesso per puro divertimento, servizi fino a qualche tempo prima appannaggio soltanto di pochi esperti, sta scoccando l’ora di calare questo circo di meraviglie all’interno dell’economia reale. Nel mondo sono già molte le aziende, anche nel settore bancario, che stanno sperimentando soluzioni basate su questi modelli informatici. Ma quali sono le azioni più efficaci da affidare all’automazione dell’intelligenza artificiale?
Le innovazioni - presenti e future - portate dalle tecnologie di intelligenza artificiale nel campo dei pagamenti saranno protagoniste di una delle 9 aree tematiche del Salone dei pagamenti 2023, che si svolgerà al MiCo Milano Congressi di Milano dal  22 al 24 novembre (iscriviti gratuitamente qui).
Ma per provare a tracciare una prima mappa di questa metamorfosi abbiamo intervistato un grande esperto del tema: Cosimo Accoto, autore di libri sull’argomento come Il mondo in sintesi, filosofo di formazione, ma passato allo studio dei codici e delle ultime diavolerie tecnologiche da quando collabora con l’Mit di Boston, la più prestigiosa università del mondo, dove ha studiato e di cui da anni è fellow.

Come possiamo descrivere questo passaggio epocale che stiamo vivendo?

Stiamo entrando in una nuova fase dello sviluppo di intelligenza artificiale. Finora abbiamo sperimentato un'intelligenza artificiale discriminativa, cioè in grado di riconoscere oggetti e esseri viventi: mostriamo alla macchina tante immagini di cani e di gatti finché questa non è in grado di distinguere da sola che tipo di animale ha davanti. Oggi però i nuovi algoritmi, oltre a riconoscere, sono in grado di creare contenuti, testi, immagini, suoni, video o anche software. Ricreare, dunque. Vale a dire, non solo riconoscere un volto o una figura, ma generare l'immagine di un volto o di una figura ex novo. Qualcosa che non esisteva, ma plausibile. E questo è davvero un cambio di passo e un balzo evolutivo all'interno della storia dell'intelligenza artificiale per come la stiamo conoscendo.

Ecco, passata l’euforia collettiva e le trovate bizzarre e a volte claudicanti, questi strumenti stanno cominciando a entrare nella vita delle aziende, a cominciare da quelle bancarie. Sotto quali forme?

Oggi molte imprese stanno promuovendo l'ingresso e l'utilizzo di questi strumenti dentro le loro operazioni e i loro flussi di lavoro, al fine soprattutto di incrementare la produttività. Prima le azioni venivano eseguite dagli operatori e dai professionisti in modo – possiamo dire - manuale, sia materialmente che intellettualmente. Adesso invece si parla di affiancare a ogni singolo professionista una specie di copilota digitale, che ne potenzia le capacità e la produttività.

Quali sono le banche che a livello internazionale stanno sperimentando questa evoluzione? 

Il processo è avviato in tutto il mondo. Una spinta particolare arriva da istituti spagnoli come BBVA, tedeschi come Deutsche Bank o Arab Bank, in Giordania. La gran parte delle sperimentazioni riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa per automatizzare una serie di processi e di operazioni all'interno delle banche. Ci sono per esempio controlli antiriciclaggio che grazie agli algoritmi diventano estremamente più rapidi, efficaci e accurati. E poi c’è un enorme vantaggio sulla capacità di scoprire e conoscere i bisogni dei propri utenti, attraverso l’analisi semantica delle interazioni con i centri di assistenza o sui social network. Grazie a questi strumenti, oltre a migliorare i servizi, velocizzare le pratiche, personalizzare le risposte e valutare le reazioni emotive, si possono identificare nuovi servizi da proporre al mercato, valorizzando le tracce digitali che i consumatori lasciano online.

In alcuni paesi l’intelligenza artificiale viene usata per allargare l’accesso ai servizi finanziari per le fasce della popolazione tradizionalmente fuori dai circuiti bancari.

È quello che avviene per esempi in India dove piattaforme come India Stack stanno sperimentando sistemi di decentralizzazione basati su blockchain, aperti ad amministrazioni pubbliche e soggetti privati, per permettere pagamenti digitali a chi non ha un conto corrente e portarlo così all’interno delle attività dell’istituto.

Quali sono gli altri vantaggi?

Vorrei dirne uno di tipo indiretto. Oggi le aziende devono rispondere non solo dei loro risultati finanziari, ma anche della correttezza della loro azione rispetto a temi come la sostenibilità, i bisogni sociali e la governance, quelli della ormai celebre sigla Esg. Ecco, l’uso dell’intelligenza artificiale, malgrado la produzione di CO2 legata all’energia necessaria per far girare i server, consente di eliminare una serie di attività oggi fortemente negative nel loro impatto sul clima, in termini di viaggi, consumi di carta e di energia elettrica. E questo è qualcosa a cui un’impresa moderna oggi deve guardare con attenzione.

Quando parla di aumento della produttività grazie agli algoritmi generativi a cosa fa riferimento?

Secondo Sam Altman, il padre di ChatGpt, l’applicazione più importante degli algoritmi generativi è quella di fare la sintesi di contenuti complessi e corposi. Ora immaginiamo quanti report, quanti documenti voluminosi, quante conferenze video lunghe ore possono essere esaminati in un istante dall’intelligenza artificiale e trasformati in sunti, tabelle, testi scritti secondo uno stile definito, magari comprensibile a un cliente con limitati mezzi culturali. Oppure immaginiamo la possibilità di gestire una controversia grazie all’esame istantaneo di una foto o di altra documentazione. O alla creazione veloce di slide, grafici, strumenti di lavoro che altrimenti richiederebbero ore e ore di preparazione. In pratica, aspetti che oggi sono di routine e richiedono enormi impieghi di tempo possono essere automatizzati liberando gli operatori umani per attività di maggior valore, come l’ideazione di soluzioni innovative e la cura di una relazione empatica con l’utenza.

Prossimo passaggio dopo questi algoritmi generativi?

Si parla sempre di più della prossima fase come quella degli agenti autonomi. In cui, oltre a offrire risposte su richieste specifiche, questi algoritmi saranno in grado di eseguire in autonomia più compiti complessi. In che modo? Prendendo in carico un adempimento che richiede diversi gradi di comprensione e di passaggi, spacchettando il compito stesso in una serie di operazioni, stabilendo le priorità ed eseguendo una dopo l’altra tutte le azioni che portano al risultato finale. Ad esempio: se bisogna organizzare un evento, l’algoritmo evidenzia le cose da fare, come scrivere gli inviti, preparare le schede o le slide, prenotare una sala e acquistare i biglietti aerei, e poi provvede in autonomia a eseguire le singole attività. Ovviamente in ogni passaggio può esserci la verifica di un operatore umano, ma il grosso del lavoro è fatto dalla macchina. Ecco perché, anziché di sostituzione della forza lavoro, cosa non auspicabile per ragioni sociali ma anche di affidabilità, si parla sempre più spesso di algoritmi generativi come co-piloti, assistenti operosi dei dipendenti.

Questo sicuramente c'è una grande vantaggio per le banche, però non dobbiamo dimenticare che questi algoritmi hanno una serie di nodi ancora in buona parte da sciogliere. Quali sono quelli più preoccupanti, secondo lei?

La lista delle cose su cui bisogna fare chiarezza è lunga. C’è una questione di trasparenza degli algoritmi, che per loro natura non permettono di conoscere come la macchina è arrivata a certe conclusioni: in genere sono corrette, ma cosa succede se il risultato dell’algoritmo è illogico, frutto – come si dice in gergo – di allucinazioni?  E come individuare l’errore nella cosiddetta black box, la scatola nera i cui movimenti e le ricombinazioni dei codici sono spesso ignoti persino ai loro programmatori? Altri aspetti: i pregiudizi potenzialmente presenti nei dati a cui l’intelligenza artificiale fa ricorso e che possono determinare scelte negative solo sulla base dei preconcetti di chi ha scritto il codice o del data set. Ci sono poi i rischi legati alla privacy delle persone o all’azione di criminali informatici che possono avvelenare i prompt, ossia i comandi che si danno alle macchine, per indurre gli algoritmi a risposte ingannevoli. Non dimentichiamoci che gli algoritmi generativi possono ricreare voci, volti o simulare comportamenti abituali di un cliente e diventare così una minaccia seria nei processi legati ai pagamenti. Sono solo alcune delle sfide a cui le banche daranno sicuramente risposte da qui ai prossimi anni.

Poi c'è un tema che torna sempre quando si parla di tecnologia: la possibilità di tagliare la forza lavoro sostituendola con le macchine.

Questo è un aspetto che va assolutamente gestito. La rivoluzione dell'automazione non è soltanto una rivoluzione dell'intelligenza, è una rivoluzione del lavoro. In passato tutti i cambiamenti dettati dalle automazioni hanno richiesto da parte nostra una grande guida e un accompagnamento per minimizzare gli impatti negativi e generare, attraverso la necessaria formazione, più posti di lavoro guadagnati che perduti. Ecco, siamo in questo processo e ho fiducia che le banche, come sempre successo nella loro storia, sappiano trovare il giusto equilibrio tra i benefici di queste nuove tecnologie e i problemi che a volte tutte le tecnologie si portano dietro.
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