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26 Aprile 2024 / 09:48
In o Out? Un 2012 di scelte

 
Fintech

In o Out? Un 2012 di scelte

di Ruggero Vota - 13 Gennaio 2012
La crisi e le nuove esigenze del mercato costringono i centri IT delle banche a ripensare l’outsourcing
C’è una unanime consapevolezza tra operatori dell’offerta e realtà IT in house sul fatto che per rispondere a queste pressanti esigenze, l’attenzione ai costi sarà fondamentale anche nei prossimi anni, ma questo è l’unico punto in comune emerso dall’inchiesta sul futuro delle strategie di sourcing realizzata da Bancaforte.

Un livello di servizio

“Credo che la nostra realtà abbia ancora senso nei prossimi anni – spiega Amministratore Delegato del Consorzio Operativo del Gruppo MPS – perchè oltre alla riduzione dei costi dovremo continuare a coniugare anche livelli di servizio di prim’ordine per le nostre banche di riferimento. Da parte di queste non viene meno, e non verrà mai meno nel prossimo futuro, la richiesta di agire con capacità di risposta sempre più rapide alle problematiche poste”. Questo non esclude però che non si guardi a nuovi modelli: “Il consorzio deve adottare sempre più delle politiche ‘pay per use’ agendo anche con una riduzione significativa del parco infrastrutturale attuale di proprietà – racconta Castagnini. Ci orientiamo quindi verso una private cloud, dando oggi un maggiore impulso alla virtualizzazione dell’hardware esistente”. Una soluzione che oggi si gioca ancora tutta all’interno dell’IT della banca, ma che lascia aperta a possibili evoluzioni per il futuro: “Dopo che ci sarà stato un consolidamento anche culturale sulle private cloud credo che le banche saranno pronte a recepire il modello dell’hybrid cloud e successivamente quello della public cloud. Nel medio termine, ciascuna banca non sarà più in grado di abbattere i costi se non in sinergia con le altre”.

Un modello ancora valido

“Il modello del centro servizi IT interno al gruppo bancario è per noi ancora valido perchè ci permette di dominare la componente It in tutte le sue sfaccettature”, dichiara , Responsabile della Divisione Sistemi Informativi di UBI Sistemi e Servizi. “Naturalmente facciamo ricorso all’utilizzo di risorse dall’esterno, continuando però a presidiare gli ambiti più critici con personale interno”. Alternative diverse attualmente non garantiscono lo stesso livello di efficacia e quindi: “Ancora per i prossimi anni questo sarà il nostro modello di riferimento – prevede Levi – poichè lo riteniamo un asset importante per il gruppo, asset che ci consente di soddisfare le esigenze del business, di comprendere a fondo i bisogni che ci vengono sottoposti e di realizzare con successo gli importanti progetti che il vertice ci affida”. A questa situazione non è certo indifferente il fatto che per Ubi Sistemi e Servizi, negli ultimi anni, il budget IT non ha subito scossoni rimanendo sostanzialmente allineato, e anche per il 2012 viene confermata questa linea.

Sourcing IT: flessibilità tra in e out

“Abbiamo una strategia di sourcing piuttosto articolata che corrisponde alla complessità del nostro ruolo istituzionale, già oggi utilizziamo la leva dell’esternalizzazione in modo molto forte per tutti quei processi standard di tipo no core”, racconta , Responsabile Sistemi Informativi di Iccrea Banca, Gruppo Bancario Iccrea , ma a questo si aggiunge una forte attività di monitoraggio e di governance continua sul vantaggio economico dell’esternalizzazione: “Capita quindi che grazie all’evoluzione dell’offerta di servizi e soluzioni del mercato informatico ciò che magari era conveniente esternalizzare tre anni fa, oggi non lo sia più. In questi casi procediamo con un insourcing dei servizi da cui riteniamo di ottenere più redditività, oppure ridiscutiamo il rapporto con l’outsourcer”. In questa strategia così flessibile, il cloud computing pur prefiggendosi un elevato grado di dinamicità sull’utilizzo delle risorse, oggi però non trova spazio: “Fornendo IT a diverse società del gruppo il modello cloud ci potrebbe interessare in ottica privata; ma i nostri costi di gestione sono comunque molto buoni rispetto ai benchmark di settore, e attualmente non otterremmo un miglioramento così significativo”.

Industrializzare per mettere a fattor comune

“In questi anni c’è chi ha lavorato nel breve termine per spendere meno e chi nel medio per spendere meglio”, racconta , Direttore Generale di Bassilichi . Per quanto riguarda l’outsourcing, molte banche italiane hanno affidato all’esterno una parte delle attività esistenti senza richiedere miglioramenti: “Questo ha significato esternalizzare vizi e virtù e costruire nei fatti un outsourcing ‘su misura’ che non ha consentito l’aggregazione su sistemi comuni che supportano servizi standard”. Oggi si rischia lo stesso errore: “Le banche focalizzate sul cloud privato possono costruire un assetto che domani sarà difficile aprire all’utilizzo di servizi erogati da piattaforme condivise con altre banche”; prevede Bassilichi che nel 2012 inizierà a dare corpo a un’offerta importante: “In ambito back office stiamo industrializzando oltre cento servizi di base che non portano valore, come l’apertura di un conto corrente, da erogare in cloud potenzialmente a tutti da una piattaforma comune”. Abbattere in modo consistente i costi rimane la priorità e quindi: “Le banche devono fare efficienza e non pensino al cloud per vendere servizi IT dimenticando il core business – dichiara Bassilichi. La competizione non perdona: nel credito la grande distribuzione organizzata già oggi riesce a essere molto efficace senza grandi strutture”.

IT in house: solo per pochi

Nei prossimi tempi a mettere in discussione il loro assetto IT interno non saranno tutti gli operatori: “Il mantenimento in house ha senso solamente per i due o tre principali gruppi bancari italiani, mentre per le banche di grandi e medie dimensioni l’outsourcing è la scelta più efficace, sia per consentire una riduzione significativa dei costi, sia per poter disporre di un sistema informativo innovativo, grazie alla condivisione degli investimenti”, spiega , Responsabile Gestione Clienti e Sviluppo Commerciale Gruppo Cedacri .
In questo contesto il cloud computing non è una novità e dimostra alcuni limiti. “L’accesso attraverso un’interfaccia web a un servizio applicativo per cui il cliente paga un corrispettivo a consumo è già da anni una realtà in quanto coincide con l’outsourcing – afferma Petti nelli. Molto più difficile pensare, nel mondo bancario, a un ricorso esteso a servizi in modalità software as a service, se non per ambiti limitati, come per esempio i sistemi di gestione del personale e di videoconferenza”.

Le ragioni del cambiamento

“L’evoluzione costante delle piattaforme, la necessità di gestire canali eterogenei e la richiesta di performance sempre crescenti ma molto discontinue nel tempo rendono necessario un ripensamento dei modelli attuali e delle politiche di sourcing”, dichiara , IT Solutions Director di Crif . I centri servizi IT in house dovranno quindi evolvere verso un modello di funzionamento diverso: “I nuovi modelli dovranno affinarsi sempre di più verso schemi di utilizzo e provisioning estremamente elastici, per cui le infrastrutture adattano le loro capacità, e di conseguenza i loro costi, alle necessità di cambiamento del business su base quotidiana” sostiene Raitano, che prevede: “Il concetto attuale di outsourcing sarà modificato dal cloud computing, ma gli attuali servizi di infrastruttura (Iaas), di piattaforma (Paas) e applicativi (Saas) sono solo il punto di partenza”.

Un nuovo mercato per tutti

Saranno le banche di medie dimensioni ad andare sempre più in outsourcing poiché dovranno privilegiare gli investimenti sul fronte commerciale e non potranno più permettersi di destinare risorse importanti per seguire l’evoluzione della normativa o per mantenere l’IT attuale. “Non sarà full outsorcing ma esternalizzazioni selettive su aree specifiche molto standardizzate – dichiara, , Vice Direttore Generale di Sec Servizi . Non è escluso però che qualcuno sia più aggressivo esternalizzando, da un lato, i processi di back-end e mantenendo in casa, dall’altro, le corrispettive attività frontend di relazione con la clientela, come è previsto dal nostro modello”. Il cloud computing verrà adottato progressivamente, trasformando però il mercato in maniera radicale: “Tutti i partecipanti potranno essere fruitori o erogatori di servizi IT attraverso la nuvola – prevede Pecchiari. Già oggi operiamo come service integrator, e quando sul mercato troviamo un servizio che costa meno lo compriamo”. Il cloud in futuro agirà da facilitatore, anche se oggi prevale il modello di tipo privato: “Entro tre anni in molti, a prescindere dalla dimensione, saremo pronti per le cloud ibride e anche le banche ‘venderanno’ i loro servizi migliori”.
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