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La nuova Italia? Nasce sul web

 
Fintech

La nuova Italia? Nasce sul web

di Franco Volpi - 12 Gennaio 2012
Per tanti ragazzi e ragazze figli di immigrati la rete è un forte strumento di integrazione. E di bancarizzazione
Gli sconvolgimenti che a partire dalla scorsa primavera hanno radicalmente cambiato il volto del Nord Africa, dalla Tunisia all’Egitto, dalla Libia alla Siria fino all’Iran di questi ultimi giorni, hanno due assoluti protagonisti. Enormi masse di giovani poco più che ventenni in piazza, a protestare contro i vecchi regimi e a chiedere libertà, e un intenso uso dei social network e della rete, come strumento di comunicazione e di attivazione capace di essere più rapido, più “democratico” e in molti casi più sicuro rispetto ai tradizionali strumenti di propaganda e di controllo che sono stati per decenni gli unici strumenti a disposizione. Come quasi tutti gli osservatori e gli analisti hanno confermato, l’unione di questi due ingredienti sta portando a un cambiamento epocale. Bene, forse non ce ne siamo fino ad ora accorti, ma un qualcosa di simile sta accadendo anche da noi. Niente venti di rivoluzione, nessuna piazza Tahrir in vista, per carità. Ma anche in Italia le seconde generazioni (ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, coloro che, poche settimane fa, il presidente Napolitano considerava assurdo non fossero a tutti gli effetti cittadini italiani) stanno trovando proprio nella rete – attraverso siti dedicati, blog e social network – uno strumento aggregante e un canale di consapevolezza identitaria sempre più importante.

La forza aggregante del web

I cittadini stranieri residenti in Italia alla fine del 2010, secondo il rapporto Caritas/Migrantes, erano circa 5 milioni, il 7% della popolazione. Di questi, le seconde generazioni sono costituite da oltre 800 mila minori di 18 anni e da poco più di 300 mila ragazzi e ragazze fra i 18 e i 24 anni. Una massa critica notevole. Giovani e giovanissimi cresciuti in Italia, che stanno frequentando o hanno appena terminato un corso di studi regolare, e che come i loro coetanei italiani (e come adolescenti e giovani di tutto il mondo, sarebbe più corretto dire) sono dei veri e propri “nativi digitali”. Più a loro agio con uno smartphone che con un block notes di carta, più rapidi nel retwittare messaggi ai loro follower che non a compilare moduli burocratici in un ufficio anagrafe.

Un computer in ogni casa

Se si cercava uno strumento di integrazione, un linguaggio che andasse al di là delle barriere etniche e sociali, bene, eccolo qui: la connessione internet, una porta non solo sull’integrazione, ma aperta sul mondo intero. Che annulla le differenze, e permette un doppio utilizzo: il riconoscimento e – perché no – il rafforzamento della propria identità comunitaria, ma anche, e soprattutto, una comunicazione diretta e aperta con tutti. I dati più aggiornati in quest’ambito vengono da una ricerca realizzata dal Fieri – il Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione, con il sostegno della Fondazione CRT, intitolata “L’integrazione online. Nativi e migranti fuori e dentro la rete”, che va proprio ad analizzare le modalità di utilizzo della rete (e in particolare dei social network) da parte dei giovani di seconda generazione. Per quanto riguarda i fondamentali di accesso al web i risultati, si potrebbe dire, sono sorprendenti nella loro normalità: quello che emerso dal focus sulle seconde generazioni ricalca i dati usciti dalla ricerca Istat del 2009 sui giovani italiani e la rete. Secondo la ricerca Fieri, il 97,9% dei ragazzi di seconda generazione intervistati ha dichiarato di possedere un computer, o di averne uno a disposizione in famiglia allargata. Solo il 4,2% degli intervistati utilizza (anche) i computer disponibili sul luogo di lavoro, e il 2,1% quelli degli amici o dell’associazione che frequenta. Il 54,7% dichiara di saper usare il computer abbastanza bene, il 26,3% molto bene, il 15,8% dichiara di saperlo usare “così così” e il 3,2% non molto bene. Quasi la metà degli intervistati ha imparato a usarlo a scuola (48,9%), e l’80% ha cominciato a usarlo proprio per motivi di studio. «Questo potrebbe essere un elemento utile a sostenere la centralità e l’importanza acquisita da Internet e dagli strumenti informatici nel campo dell’educazione e il conseguente investimento di risorse che sta avvenendo in alcune scuole per dotarsi di strutture tecnologiche adeguate e lo sviluppo di progetti per favorire l’insegnamento e per educare i giovani all’uso corretto e sicuro di Internet (e-learning, reperimento e selezione di informazioni, questioni di privacy...)», osservano i ricercatori. La quasi totalità del campione, il 98,9% degli intervistati, ha dichiarato di usare Internet; il 92,6% dispone del collegamento a casa, l’83,9%, ha una connessione a banda larga e il 75,5% usa, quando e dove è possibile, Internet in modalità wireless. Un ottimo livello di alfabetizzazione informatica, e un “digital divide” prossimo allo zero, insomma: tutti gli intervistati posseggono un indirizzo mail e l’89,5% ha un proprio account su Facebook, il 35,8% ha una propria pagina su Youtube mentre solo il 5,3% degli intervistati ha un account su Twitter, social network che ha tardato a far presa anche sui coetanei italiani, arrivati in ritardo a padroneggiare questo nuovo medium ormai di massa.

Cosa fanno i ragazzi di seconda generazione su Internet?

Le attività principali riguardano l’utilizzo della posta elettronica, le ricerche per motivi di studio, il 70% degli intervistati cerca informazioni su viaggi e soggiorni, il 69% consulta e aggiorna i propri profili sui social network ma ben il 43% svolge quelle che, nella classificazione dei web users, vengono definite attività di nicchia: l’acquisto di prodotti (40%), o viaggi e soggiorni (35%), o l’uso di servizi bancari, un importante 26%. Al di là delle cifre e delle percentuali, è interessante farsi un giro attraverso i siti e i blog nati da realtà aggregative di seconda generazione, per scoprire un mondo fatto di linguaggi, idee, e perché no anche di impegno sociale e politico che dimostra una grandissima vitalità. Da www.secondegenerazioni.it , il sito della Rete G2, a www.associna.com , dal sito dei Giovani Musulmani d’Italia ( www.giovanimusulmani.it ) fino a siti di taglio più informativo, come w ww.stranieriinitalia.it , gestito da una redazione mista di immigrati e di italiani, o il recente Yalla Italia, il blog delle seconde generazioni arabe ( www.yallaitalia. it ), ciascuno naturalmente provvisto delle necessarie diramazioni su Facebook e Twitter che alimentano di minuto in minuto lo scambio e la discussione, quella che si presenta agli occhi è una realtà decisamente variegata, ma che di sicuro non può essere ignorata all’interno del panorama mediatico e sociale. Perché si tratta di spazi in cui si fa cultura ed opinione, nascono campagne di attivazione (le più diffuse, naturalmente, quelle legate alla richiesta di riconoscimento della cittadinanza), ma sono anche ambiti all’interno dei quali nascono nuovi linguaggi. Oltre ad essere luoghi interessanti per una vasta gamma di nuovi investitori pubblicitari ed aziende – in particolare quelle che offrono servizi ad alta caratterizzazione etnica, banche comprese – attratte dalle potenzialità di questo nuovo e in qualche modo imprevisto pubblico di utenti.

Banche in azione

Come i loro coetanei italiani, infatti, anche i ragazzi di seconda generazione tendono a prediligere tutta quella gamma di servizi che possono essere svolti direttamente online, gestione del proprio conto corrente - per chi ha già avuto accesso al mondo del lavoro – compresa. Le banche hanno immediatamente capito che questo nuovo tipo di clientela costituirà sempre di più, nei prossimi anni, un pubblico di riferimento fondamentale: basta osservare il linguaggio, la struttura grafica e le varie funzionalità implementate dai portali delle aziende bancarie nate per un target specificamente straniero per rendersi conto di questo movimento in atto. Extrabanca, Agenzia Tu (Gruppo Unicredit), la sezione per stranieri di Banca Carige , i servizi dedicati ai migranti di Banca Sella o l’attività, ancora più specializzata, di PerMicro , tutte realtà che fanno del web uno strumento di servizio e di comunicazione, chiaro, accattivante, diretto, facile da usare. Se un ragazzo di seconda generazione deve scegliere a quale banca rivolgersi, magari seguendo il consiglio dei genitori, che già intrattiene un rapporto con una banca “attenta ai nuovi italiani”, la web usability conta, eccome.

A colpi di post e tweet

Ma il web, per questo tipo di nuovo pubblico, svolge oggi anche quella funzione importantissima che per la prima generazione di immigrati è ancora affidata alla televisione satellitare, ovvero il contatto diretto con il proprio paese e la propria cultura. La rete è un satellite miliardi di volte più potente e articolato per le seconde generazioni che, pur essendo ormai profondamente calate e integrate in una nuova realtà, possono mantenere o – più spesso – ricostruire un legame con la terra d’origine della propria famiglia. Sono quelle che gli studiosi definiscono le “comunità di sentimento”, ossia comunità in grado di vivere esperienze collettive, malgrado le distanze. E che, oltre a rafforzare i legami identitari, fanno sì che queste culture si diffondano anche all’interno del paese “ospite”, in questo caso l’Italia. Portando nuova linfa, nel senso di punti di vista nuovi, che generano una crescita collettiva. Per un’Italia disabituata al cambiamento, si tratta pur sempre di una piccola rivoluzione, partita anche in questo caso a colpi di post e tweet.

Integrazione sì, ma gioca di rimessa

Nel 2010 le rimesse di denaro dei migranti inviate dall’Italia hanno superato i 6,6 miliardi di euro, registrando, per la prima volta nella loro storia, una contrazione rispetto all’anno precedente del 2,6 %. Questo è quanto emerge dal Dossier Statistico Immigrazione 2011 Cartias/Migrantes, XXI rapporto, presentato a inizio novembre. A livello mondiale l’Italia si conferma al quinto posto per flusso di rimesse spedite, e le previsioni per i prossimi tre anni ipotizzano una crescita vertiginosa che dovrebbe toccare, nel 2015, i 17 miliardi di euro. Il paese che, anche nel 2010, è stato raggiunto dalla maggiore quantità dei trasferimenti di denaro in uscita dall’Italia è stato la Cina, interessata da rimesse per 1,7 miliardi di euro. A seguire i risparmi dei migranti presenti in Italia sono giunti in Romania, che ha incamerato 800 milioni di euro, Filippine con 712 milioni di euro e Marocco (251 milioni). L’Asia è stato il continente che ha potuto giovare del maggior flusso di rimesse: oltre tre miliardi di euro, quasi la metà del totale (principalmente verso Cina e Filippine). La Banca Mondiale ha stimato in 440 miliardi di dollari il valore delle rimesse nel mondo che diventeranno 536 nel 2013.

Migranti: un “patrimonio” per le banche

Secondo il rapporto ABI-CeSPI sul migrant banking , erano 1.514.757 i conti correnti intestati a clienti migranti presso le banche italiane. Un numero elevato rispetto ai 2 milioni di immigrati che hanno un impiego regolarmente retribuito (il 9,1% del totale degli occupati), in sede di dichiarazione dei redditi notificano al fisco 40 miliardi di euro (il 5,1% del totale dichiarato) e pagano quasi 6 miliardi di Irpef. Il tasso di bancarizzazione è pari al 60% (esclusi i clienti di BancoPosta e i prodotti come le carte-conto ricaricabili con IBAN). E nonostante la crisi economica, i conti correnti intestati a clienti migranti sono cresciuti più che proporzionalmente rispetto alla crescita della popolazione immigrata. I dati indicano in crescita anche la domanda di servizi di credito al consumo, di deposito e amministrazione di titoli e di Internet banking, oltre all’utilizzo delle carte di credito. Non solo. Secondo un’altra ricerca, quella effettuata dalla Fondazione Leone Moressa, oltre ai correntisti sono in crescita anche i numeri che riguardano gli imprenditori immigrati. Al 31 dicembre 2010 i migranti titolari o soci d’impresa in Italia sono 336.583, con un aumento del 4,9% rispetto al 2007. Se nel 2006 il 5% degli imprenditori era composto da immigrati, nel 2010 si passa al 6,5%. In quattro anni le imprese guidate da un migrante sono aumentate del 68%, in media il 14% in più per anno. Si tratta per lo più di società nuove, solo il 12% è un’attività rilevata da altri imprenditori. Donne in primo piano. Sono oltre 50 mila le imprenditrici immigrate, cresciute ad un tasso particolarmente apprezzabile (+4,1%) tra dicembre 2009 e giugno 2010. Rappresentano il 6% dell’imprenditoria femminile italiana e il 20% di quella immigrata complessiva. La maggior parte dei migranti titolari di imprese è entrata in Italia dopo il 1990 (80% circa), mentre l’avvio delle attività imprenditoriali è iniziato dal 2000. Si tratta per lo più di persone fra i 25 e i 45 anni, molte di “seconda generazione”, con un buon livello di istruzione. Ultimo dato, a partire dal 2008 il servizio home banking, offerto da quasi tutte le banche e gli istituti di credito, è cresciuto annualmente del 20-30% tra i correntisti con cittadinanza straniera. È facile capire il perché: l’home banking è senza dubbio il canale più semplice da utilizzare per uno straniero rispetto al rapporto diretto con l’operatore di cassa, offre la possibilità di gestire con tranquillità un conto corrente superando le eventuali difficoltà di comunicazione verbale in italiano.
Per saperne di più sul Rapporto “Cittadinanza economica dei migranti e rapporto con le banche italiane”, clicca qui .

Da ABI un “Benvenuto in banca”

Banca: istruzioni per l’uso. In italiano, ma anche in albanese, arabo, cinese, francese e inglese. Risposte chiare alle mille domande di tutti i giorni. Anche per chi viene da un altro paese e parla un’altra lingua. Per facilitare l'accesso degli immigrati in banca, illustrare i principali prodotti e servizi e contribuire all'educazione finanziaria, è nata "Benvenuto in banca", la brochure multilingue destinata ai cittadini immigrati e ai beneficiari di protezione internazionale. Un progetto d'ampio respiro, che si inserisce in un progetto di partnership avviata da ABI con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cespi, Ciss, Unhcr (Agenzia Onu per i rifugiati) per sviluppare strumenti utili a favorire l'inclusione finanziaria e sociale dei cittadini stranieri. Il coinvolgimento degli enti locali verrà assicurato dalla presenza dell’Anci, già partner di ABI. "Benvenuto in banca" è il primo prodotto di questa partnership, che potrà aprirsi anche ad altri soggetti per realizzare nuove iniziative. Il testo, una quindicina di pagine per ciascuna lingua, è semplice e chiaro. Nella brochure i cittadini stranieri troveranno risposte a domande quali: "Come posso mandare denaro nel mio paese?", "Vorrei comprare una casa, come posso fare?" oppure ancora "Come posso aprire un conto corrente per accreditare lo stipendio?".
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