Google Car è troppo perfetta. E sbatte
di Mattia Schieppati
-
4 Settembre 2015
Dal 2009 a oggi, nei diversi test, l'auto a guida autonoma di Mountain View è stata coinvolta in 16 incidenti. Sempre per colpa di guidatori "umani"
Sembra una riedizione, in chiave attuale e su quattro ruote anziché nello spazio profondo, di 2001 Odissea nello Spazio. Ovvero, il problema è l'uomo con le sue variabili e le sue imperfezioni, non la macchina, assolutamente perfetta. Fin troppo, è questo il problema.
Il paradosso emerge da una lettura, a circa ormai 5 anni dall'avvio della sperimentazione, dei dati relativi al funzionamento della tanto attesa Google Car, l'auto a guida computerizzata e autonoma in via di messa a punto da parte del colosso di Mountain View. Punta più avanzata e reclamizzata di quella grande rivoluzione in corso nel mondo dell'automotive da quando del settore hanno cominciato a intervenire i giganti del digital (
un tema approfondito qui da Bancaforte).
Risultato: dal 2009 a oggi, nei vari test di guida realizzati con la Google Car (per lo più, tra le vie e i viali dell'headquarter dell'azienda, presso San Francisco, una vera e propria cittadina) si sono verificati 16 incidenti. Un numero limitato di per sé. Ma, sorpresa, per nessuno di questi l'auto autonoma ha responsabilità. Nel senso che la Google Car è stata vittima di errori umani commessi dai guidatori di altre vetture "tradizionali". I più frequenti: la Google Car, rispettosa, si ferma in prossimità di strisce pedonali (indicate dalle precisissime mappe di navigazione) quando avverte con i suoi sensori la presenza di pedoni o altri ostacoli in procinto di attraversare. E puntualmente l'automobilista che sopraggiunge alle spalle, per il quale la striscia pedonale è una variabile indipendente della disciplina di guida, non frena e quindi tampona. Idem ai semafori, in quella frazione di secondo del passaggio dal verde al giallo al rosso. La Google Car, come insegnano alla scuola guida, si ferma. Chi segue, dà la fatale acceleratina nella speranza di inforcare l'ultimo bagliore di giallo. E via elencando.
Troppo precisa e rispettosa delle regole della strada, dunque, la macchina robot, e incapace di adattarsi al contesto e all'emozionalità dei guidatori in carne e ossa, che guidano a volte rilassati, a volte in preda all'ansia, quando sono in ritardo, quando hanno appena litigato con la moglie al telefonino
. Come ha detto al New York Times Donald Norman, il direttore del Design Lab dell'Università della California, «il vero problema è che sono troppo sicure», queste auto «devono imparare ad essere aggressive nella giusta dose. E la giusta dose dipende dalle differenti culture». E, a oggi, Google non ha ancora realizzato un algoritmo capace di interpretare i pensieri e le reazioni dell'essere umano al volante. Ci arriveranno?