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27 Aprile 2024 / 02:09
Risorse umane, gestire il cambiamento con l'employability

 
Carriere

Risorse umane, gestire il cambiamento con l’employability

di Flavio Padovan - 12 Novembre 2013
Le banche dedicano sempre più attenzione alla gestione del percorso professionale interno del personale e alla riqualificazione delle competenze oltre che al collocamento esterno all'azienda. Ne parla Giuseppe Pinturo di Intoo
Riduzione del numero di filiali, cambiamenti tecnologici, fusioni e riassetti organizzativi, accorciamento della catena gerarchica, snellimento delle funzioni centrali, richiesta di nuove competenze professionali, riforma Fornero. Non è certo un periodo sereno per le risorse umane del settore bancario, e nemmeno per chi ha la responsabilità di gestirle. Il sovrapporsi di fenomeni di tipo sia micro sia macro, stanno radicalmente cambiando il modello di banca, lo scenario di mercato, le relazioni con il cliente, l’organizzazione e i processi operativi. Anche a causa di questo contesto sta crescendo sempre più l’attenzione delle banche al tema dell’employability, intesa non solo come collocamento esterno all’azienda, ma anche come percorso professionale interno di riqualificazione delle competenze. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Pinturo , Industry Leader Finance di Intoo, società di Gi Group.

Attualmente in Italia le banche fanno ricorso ai vostri servizio più per l’employability interna o per quella esterna?

Siamo ancora chiamati in modo preponderante per percorsi di employability esterna legati fondamentalmente alla riduzione del numero di sportelli bancari che il settore sta affrontando. Però sono in atto anche importanti processi di rimodulazione interna delle competenze del personale per renderle più in linea con le sfide che la banca si trova ad affrontare e di riallocazione del personale nei ruoli più adeguati. A queste necessità abbiamo dato una risposta strutturata attraverso un modello innovativo di intervento, gestito in collaborazione con altre società di Gi Group, che prende l’avvio da una fase di assessment e mappatura della competenze delle risorse per poi costruire cluster di popolazione aziendale e intervenire sul rafforzamento dell’employability interna del personale con strumenti differenziati quali il coaching, il counseling, il mentoring ed il training. Ma un migliore impiego interno passa anche attraverso la mobilità geografica, che è accettata ancora con difficoltà soprattutto dalle figure impiegatizie.

Che cosa vi chiede la banca in caso di employability esterna?

La richiesta è sempre di lavorare in un’ottica di partnership, di condividere un percorso insieme. A partire dalla fase di negoziazione con le parti sindacali. Ovviamente non entriamo nelle trattative: il nostro intervento è rivolto a far comprendere ai sindacati il contributo che possiamo offrire a favore dei lavoratori. Lo definiamo welfare d’uscita, perché l’obiettivo è di garantire al personale in esubero una rete di supporto più ampia rispetto al solo incentivo monetario con un servizio volto ad aumentare l’impatto della persona e degli strumenti che usa per comunicare con il mercato del lavoro, valutando la spendibilità del profilo anche in altri ruoli o settori. La banca, come accade in altri settori, ci chiede inoltre un approccio specializzato sull’Industry per seguire in particolare i managers. Intoo, per essere in grado di supportare i dirigenti e i quadri in questo ambito, ha creato nel tempo un team di 40 consulenti, tutti ex manager di banche e realtà finanziarie in ruoli apicali, in grado di capire a fondo i contenuti professionali delle figure che devono riposizionare sul mercato. Data la situazione del mercato bancario e finanziario, Intoo con le sue 15 sedi diffuse su tutto il territorio nazionale mantiene sempre il polso del mercato del lavoro nel suo insieme. Oltre alla divisione Banking & Finance, infatti, abbiamo anche quelle Assicurativa, Chimico-Farmaceutica, ICT, Automotive e Manifatturiera, che ci consentono di impostare un intervento di ricollocazione di tipo trasversale. Riteniamo che solo con un consulente che proviene da una banca o da una realtà finanziaria possiamo capire in profondità il profilo, gli skill e il ruolo del manager e dunque efficacemente ricollocarlo anche in altri settori.

Con quale figura vi relazionate all’interno della banca?

Normalmente dialoghiamo con il direttore del personale per predisporre il percorso più adatto alle esigenze dei lavoratori. Solo in realtà bancarie molto grandi abbiamo come interlocutore il Responsabile delle relazioni sindacali.

Analizzando i dati della Divisione Banking & Finance di Intoo si notano percentuali di ricollocazione molto elevate, superiori all’80%

Sì, nel 2012 abbiamo registrato un tasso di ricollocazione dell’85% per i dirigenti, dell’84% per i quadri e dell’82% per gli impiegati. Quest’ultima continua ad essere la categoria più numerosa, ma dal 2009 al 2012 sono raddoppiati i candidati dirigenti ed è aumentato del 40% quello dei quadri, a riprova dell’importante processo di change management in atto, che sta proseguendo anche nel 2013. Questo ha ovviamente avuto dei riflessi sul tipo di servizi che offriamo, perché c’è una notevole differenza nel supportare un dirigente o un impiegato nell’incontro con il mercato. Paradossalmente è più difficile mantenere alta la percentuale di ricollocazione degli impiegati rispetto ai dirigenti.

Come sta andando nel 2013?

Da gennaio a giugno abbiamo assistito a una crescita della presa in carico di personale di fascia impiegatizia bancaria rispetto a quadri e dirigenti: nel primo semestre dell’anno abbiamo seguito 150 impiegati, il 36% in più rispetto al 2012, con una ricollocazione in linea con l’anno precedente ovvero l’81%. Nello stesso periodo ci siamo occupati di 120 quadri e dirigenti, con un tasso di successo dell’83% e 84%. L'andamento si spiega con la nuova fase di riduzione degli sportelli, soprattutto ad opera di banche internazionali.

E sul fronte della ricollocazione?

Aumenta quella fuori settore, verso l’assicurativo, l’automotive e il mondo aziendale in genere, mentre quella nel settore privilegia le banche di piccole dimensioni, quelle di medie dimensioni che si stanno muovendo in una logica di sviluppo e le società finanziarie anche grazie alla ripresa del Consumer Finance ed alcune SGR che stanno riprendendo a crescere. Nel 2013 stiamo assistendo a una riduzione del tasso di ricollocazione della fascia impiegatizia all’interno del settore bancario, mentre cresce quella fuori settore (27% del totale); tiene maggiormente, invece, la ricollocazione all’interno del settore bancario/finanziario per i dirigenti, anche grazie allo sbocco garantito dall’attività di consulenza, e per i quadri (ricollocazione fuori settore: 15-20% circa).

Nel caso di dirigenti bancari, quali strumenti mettete in campo per supportarli nel percorso di continuità professionale esterna?

Innanzitutto analizziamo le competenze del dirigente, anche attraverso i principali progetti seguiti e i risultati ottenuti, e le competenze maturate, sia di tipo specialistico sia trasversali. Quest’ultime fanno riferimento alla leadership, alla capacità di gestione del personale e delle risorse, all’atteggiamento più analitico o sintetico e quindi possono essere utilizzate in altri ruoli e in altri settori. Una volta scattata questa fotografia dell’esperienza professionale, andiamo a ragionare sugli obiettivi cercando di sciogliere alcuni nodi che spesso impediscono al dirigente di affrontare in modo sereno la ricerca di un nuovo posto di lavoro.

Quali sono?

Il dirigente che lascia il posto di lavoro attraversa ovviamente una fase di difficoltà e abbiamo notato che frequentemente, al di là che sia vero o no, tende a dare a se stesso la colpa di ciò che è successo. Il nostro primo compito è intervenire per fargli “elaborare il lutto” della perdita del vecchio ruolo e, attraverso il bilancio delle competenze, riuscire a fargli rivalutare le sue capacità e a farlo guardare al futuro e a nuovi obiettivi professionali in modo più sereno ed efficace.

E poi?

Proponiamo al dirigente un approccio che chiamiamo del “doppio binario”, che significa riproporsi sul mercato del lavoro non solo come dirigente a tempo determinato o indeterminato, ma anche come consulente, soprattutto se ha un’età superiore a 55 anni. Questa seconda strada, soprattutto in una situazione di crisi come l’attuale, presenta indubbi vantaggi: permette di accumulare nuove competenze, di non lasciare il curriculum inattivo, di difendere la propria immagine lavorativa. Inoltre, pone spesso le condizioni per inserirsi nell’azienda in cui si svolge l’attività consulenziale, o di farsi notare da altre aziende grazie anche a un’oculata gestione della propria immagine. A quest’ultimo aspetto dedichiamo un’attività specifica, attraverso workshop rivolti alla cura del proprio network professionale.

Tornando a quello che è normalmente il primo obiettivo del dirigente, cioè riproporsi nello stesso ruolo in un’altra azienda, quale tipo di supporto offrite?

Quando affianchiamo un dirigente il nostro intervento è di tipo “sartoriale”, andiamo cioè a proporre una serie di attività che riteniamo possano essere utili nel singolo caso. E lavoriamo non solo sugli obiettivi, ma anche sugli strumenti. Ad esempio, prestiamo particolare attenzione alla comunicazione, quindi come redigere CV e lettera di presentazione che siano in linea con i target scelti dal dirigente, prestando attenzione anche ad aziende e ruoli complementari. Ci occupiamo non solo degli strumenti scritti, ma anche della comunicazione verbale, con una psicologa del lavoro che aiuta i dirigenti, tra l’altro, a prendere consapevolezza degli errori che possono essere compiuti in un colloquio di selezione e a impostare relazioni efficaci con gli head hunter. Dopo un workshop di gruppo, si eseguono più simulazioni individuali per rimodulare la comunicazione in queste situazioni e renderla efficace. E’ un percorso che porta poi al contatto con il mercato.

Come avviene?

In modo differenziato a seconda dell’obiettivo indicato, e cioè a seconda che si punti primariamente a un lavoro dipendente oppure a uno autonomo. Il contatto con il mercato è incentrato molto sulle relazioni che Intoo ha attivato in 22 anni di attività e sullo sviluppo del network della persona che, se opportunamente gestito anche in termini di comunicazione, rappresenta circa il 60% delle possibilità di ricollocazione secondo i nostri dati. La scelta del lavoro autonomo o di un’attività imprenditoriale come obiettivo parte dalle motivazioni individuali e dall’analisi delle competenze maturate dalla persona e si concretizza inizialmente in un workshop specifico che consente di confrontarsi con i diversi aspetti della scelta (amministrativi, fiscali, ecc.) e modalità di intervento. Successivamente mettiamo a disposizione un check-up previdenziale realizzato da consulenti esperti in materia, strumento molto utile per valutare l’impatto della scelta sulla situazione contributiva accumulata. Infine si lavora sul business plan, sugli argomenti di vendita da utilizzare e più in generale sugli strumenti di comunicazione scritta (brochure di servizi) ed il target dell’attività.

Lo stesso approccio viene utilizzato per i quadri e gli impiegati?

Il percorso è lo stesso, ma viene semplificato man mano che diminuiscono le caratteristiche di managerialità del lavoratore che affianchiamo. Aumenta, tuttavia, il nostro contributo in sostituzione della persona nell’elaborazione degli strumenti scritti di comunicazione e la ricerca di lavoro dipendente rispetto ad altre formule. Il nostro intervento diviene necessariamente ancor più proattivo nella ricerca di opportunità di inserimento “nascoste”, cioè non visibili attraverso i media, facendo perno sul network Intoo e sul contatto con il mercato (aziende e intermediari del mercato del lavoro).
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