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26 Aprile 2024 / 02:19
SMS addio. Ora il grande business si fa con la chat

 
Fintech

SMS addio. Ora il grande business si fa con la chat

di Mattia, Schieppati - 25 Marzo 2014
Sistemi di instant messaging sempre più evoluti stanno sconvolgendo i piani delle telco tradizionali. Una partita che esce dal monopolio della Silicon Valley e vede protagonisti non solo Facebook-WhatsApp ma anche Cina, Russia e Giappone. E perfino un 19enne italiano ...
A dolersene sarà in particolare Riku Pihkonen, stagista alla Nokia, che il 23 luglio del 1992 dai laboratori dell'allora colosso assoluto della telefonia mobile inviò il primo messaggino da cellulare a cellulare. Dando il via a vent'anni di dominio incontrastato dell'sms come forma via via sempre più dilagante di comunicazione. Un regno che, da poco più di un anno a questa parte, ha visto il suo rapido e ineluttabile declino. Perché, con la diffusione globale degli smartphone perennemente connessi alla rete Internet, il caro vecchio messaggino ha dovuto inchinarsi al trionfo delle app di instant messaging. I motivi? Due, principalmente.
Fonte: KRDS (Social Media Agency)
Prima cosa, l'instant message è - per ora - gratis. Viaggiando sulla rete web, infatti, e non sulle reti telefoniche come l'sms, e siccome tutte le realtà che propongono questa formula sono in fase di lancio, non ci sono costi "a messaggio", ma il profluvio di scambi è gratis (o, meglio, compreso nel costo di navigazione), a parte la più consolidata What's App che ha cominciato dal gennaio 2013 a richiedere ad alcuni utenti un abbonamento annuale d'utilizzo (inferiore comunque a un euro/anno, e un'iniziativa interessante, lanciata pochi giorni fa: la possibilità di "regalare" direttamente attraverso la app l'abbonamento annuo a un altro utente: un amico, la fidanzata...).
Secondo motivo, più accattivante dal punto di vista sociologico, l'instant messaging ha portato nel mondo della telefonia le formule comunicative proprie della chat: frasi brevi e spezzettate, scambio immediato, possibilità di mandarsi immagini e emoticon. Un potenziamento, insomma, di tutte le formule non verbali che arricchiscono il dialogo. Con, anche, uno svantaggio: mentre l'sms conservava quella poesia dell'incerto (l'avrà ricevuto? l'avrà letto ora? quando mi risponderà?), le app di instant messaging consentono a tutti di monitorare la presenza online o meno dei propri interlocutori nel momento in cui si sta inviando un messaggio. Con evidenti ricadute - non ancora affrontate - dal punto di vista della privacy (oltre che dei rapporti di coppia …).
Fonte: KRDS (Social Media Agency)
Al di là della sociologia, i numeri sono prodigiosi: se si sommano le prime 4 realtà attive in questo settore (WeChat, WhatsApp, Line, Viber), escludendo Facebook Messenger di cui non sono stati comunicati i dati di utilizzo, arriviamo a circa 1,7 miliardi di utenti che hanno sul proprio smartphone una app di instant messaging; attraverso la sola WhatsApp vengono scambiati ogni giorno nel mondo 10 miliardi di messaggi. In totale, si calcola che già nel 2012, quando ancora questa mania non era così diffusa, le compagnie telefoniche tradizionali avessero perso nel mondo il corrispettivo di 23 miliardi di dollari di ricavi dal mancato uso di sms rispetto al 2011.
Fonte: KRDS (Social Media Agency)
Non solo una moda e una rivoluzione del linguaggio, insomma, ma un vero e proprio nuovo Eldorado dell'economia delle telecomunicazioni.
Ed ecco che infatti in questo mercato si sono lanciati tutti i grandi player dell'Ict con acquisizioni o sviluppo di sistemi di instant messaging sempre più raffinati (una sintesi infografica del panorama di mercato l'ha fatta la media agency KRDS - vedi le immagini in questo articolo - che ha messo in fila le 10 app di messaggistica più usate al mondo, con dati aggiornati al dicembre 2013).
A fare il botto è stato Facebook, che all’inizio di febbraio ha comunicato l'acquisizione del pioniere dell'instant messaging, WhatsApp (lanciata nel 2009), per la cifra record di 19 miliardi di dollari.

Un business internazionale

Ma per la prima volta non si tratta di un settore dell'ICT che parla esclusivamente statunitense: sono entrate in maniera molto decisa in questo mercato anche Cina, Giappone e Russia. La prima come casa madre di WeChat, app di messaggistica realizzata dal colosso Tencent, che zitta zitta dal 2010 è arrivata ad essere la terza società su Internet più grande al mondo, dietro Google e Amazon, con una capitalizzazione di 38 miliardi di dollari.
Fonte: KRDS (Social Media Agency)
Da una collaborazione tra Giappone e Corea del Sud nasce invece Line, 300 milioni di utenti registrati e un traffico giornaliero di 7 miliardi di messaggi, già predisposta anche per effettuare chiamate in VoIP e - nella versione per pc - anche videoconferenze.
La Russia risponde con Telegram, app messa a punto nel 2013 (è recentissima, e i dati di utenti e traffico sono ancora non ufficiali) dai fratelli Nikolai e Pavel Durov, i "Mark Zuckerberg" russi, signori assoluti del social network VKontake che nell'impero ex-sovietico è di gran lunga più diffuso di Facebook.

E l'Italia?

Un campo di battaglia per big, insomma, che vede però anche una promettente - seppur giovanissima - presenza italiana. Si tratta di QuenChat, l'app di instant messaging messa a punto nel corso del 2013 da un 19enne comasco, Giorgio Acelti, che ha una particolarità interessante: permette di scambiarsi messaggi decidendo prima dell’invio quanti secondi devono rimanere impressi sullo schermo (da 1 a 9) sia del mittente sia del ricevente. Una formula interessante dal punto di vista della sicurezza e dell'eterno problema della latenza dei dati personali sul web. Arrivata in fase di delivery grazie a un primo investimento di 1 milione di euro da parte di un investitore privato, oggi QuenChat è disponibile in 24 Paesi e in 5 lingue diverse (inglese, francese, spagnolo e cinese, oltre all’italiano).
Fonte: KRDS (Social Media Agency)
Sono 70mila i download nella versione iOs in quanto tempo (è disponibile anche per Android) e oltre un milione gli scambi complessivi. Uno sviluppo interessante, e pare che una società statunitense stia valutando di sostenere l'ulteriore sviluppo dell'idea del giovane comasco con un'iniezione di capitale tra i 5 e i 15 milioni di euro.
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