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26 Aprile 2024 / 21:38
Un aumento sì, ma in qualità della vita

 
Banca

Un aumento sì, ma in qualità della vita

di Giorgio, Mieli - 1 Agosto 2010
Il 12 e il 13 maggio 2010 si è tenuto, per il quinto anno, il Convegno ABI Banche & Risorse Umane “Occupazione di qualità: strategie per lo sviluppo”: il tradizionale appuntamento annuale, per le imprese bancarie e non solo, per analizzare, in una visione complessiva, oltre al tema della gestione delle risorse umane, i cambiamenti di scenario del mercato del lavoro e i relativi riflessi in termini di occupazione e sviluppo.
Il contesto macroeconomico in cui si inseriscono le politiche di gestione del personale è infatti ancora estremamente complesso, e i riflessi dell’attuale congiuntura economica sono evidenti anche sul mercato del lavoro.

Il costo del lavoro

Uno dei profili di maggiore criticità per le imprese è certamente una struttura dei costi che rimane elevata; il costo del lavoro è da sempre un fattore che incide negativamente sulla competitività delle aziende italiane. Da tempo a un costo del lavoro eccessivo a carico delle imprese, a causa del cuneo fiscale, non corrisponde una misura adeguata dei salari netti: i lavoratori hanno spesso, a fronte di un costo del lavoro per l’azienda comparabile o addirittura più elevato rispetto ad altri Paesi europei, salari netti inferiori, non competitivi in termini di potere d’acquisto.

Favorire l’accesso dei giovani

L’attenzione al tema dei costi si collega anche a istanze di ordine sociale: infatti il mercato del lavoro avverte pressante l’esigenza di poter contare su regole più flessibili per favorire l’accesso al lavoro di giovani risorse di qualità, anche al fine di migliorare le loro prospettive di stabile occupazione. Le necessità del sistema bancario di riorganizzarsi e contenere i costi si rifletteranno inevitabilmente sulle politiche contrattuali, dal momento che ci stiamo avvicinando alla scadenza del contratto di settore (il prossimo 31 dicembre): uno degli strumenti per il rilancio delle imprese bancarie è proprio il contratto collettivo tramite il quale, anche grazie a un sistema di relazioni sindacali basato su regole chiare e condivise tra le parti sociali, si è dimostrata la capacità di governare opportunamente le svolte organizzative e produttive del sistema creditizio.
In questo contesto, le relazioni industriali devono continuare a contribuire all’attivazione di processi di crescita della nostra economia, fornendo leve per generare lo sviluppo del Paese, attraverso l’individuazione di adeguate politiche occupazionali, retributive, di gestione del personale e di strumenti per la flessibilità nel lavoro.
Nell’immediato futuro le parti dovranno confrontarsi adottando approcci innovativi che puntino sulla flessibilità in modo non preconcetto; non si vuole approfittare della situazione per ridurre i diritti dei lavoratori, ma affermare diritti reali supportati e confortati dal rispetto delle regole del mercato. È difficile pensare in questa situazione ad aumenti salariali non supportati da interventi sugli strumenti contrattuali che agevolino l’aumento di produttività del lavoro e la redditività complessiva delle imprese.
Inoltre è opportuno riflettere su elementi che puntino alla “qualità della vita” piuttosto che ad aumenti salariali diretti: per esempio la sicurezza sociale, l’assistenza sanitaria, la previdenza complementare.

I nuovi sistemi di gestione

Oltre ai tradizionali temi del merito e della motivazione, si è sottolineata l’importanza di adottare adeguate politiche e idonei strumenti per la gestione e lo sviluppo delle risorse umane. A tal fine si è svolta, in occasione del Convegno, un’apposita tavola rotonda intitolata “Ottimizzare i processi di gestione e sviluppo si può: esperienze e contaminazioni”. Lo scopo è stato quello di indicare quale supporto possono fornire i nuovi sistemi di gestione del personale, come strumenti di sviluppo organizzativo dell’impresa e di verificare come i componenti della Funzione HR possano contribuire alla strategia aziendale, incrementando la produttività dell’impresa.

Remuneration policies

In un’altra sessione si è evidenziato come la tematica delle remunerationpolicies abbia implicazioni pratiche di rilievo poiché impatta su aspetti sociali e di cultura aziendale, necessita di un giusto equilibrio tra il crescente proliferare di regole e il libero esercizio dell’impresa e richiede una precisa delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione degli standard applicativi a figure professionali ben individuabili (che ricoprono all’interno dell’azienda una posizione manageriale apicale e che svolgono un’attività lavorativa che comporta funzioni ad elevato rischio sul mercato).
Nel corso di questi ultimi mesi, per assicurare trasparenza e moderazione senza incidere sull’efficacia nel mercato, gli organismi internazionali e nazionali competenti hanno promosso interventi in materia di remuneration/incentives (raccomandazioni della Commissione Europea; linee guida predisposte dal Financial StabilityBoard e dal CommitteeofEuropean Banking Supervisors).
L’obiettivo, infatti, è quello di realizzare una normazione, non più “emergenziale”, ma organica e strutturale, come quella contenuta nella Legge comunitaria 2009, che consente alle imprese bancarie di stare sul mercato adottando nuove politiche di remunerazione in una logica di prudente gestione del rischio e di lungo periodo, senza individuare tetti agli stipendi dei manager privati.

Aumentare la flessibilità

Si è osservato come sia fondamentale superare la rigidità del quadro normativo del lavoro che non incoraggia, ma anzi ostacola, la flessibilità di utilizzo delle risorse, ancora difficile da affrontare, nonostante i tentativi sul piano legislativo oltreché contrattuale.
È auspicabile sperimentare moderne forme di flexsecurity, che non lascino privi di protezione quei lavoratori in esubero che non hanno maturato i requisiti per la pensione, così come “superare” un mercato del lavoro scarsamente flessibile che crea problemi ai lavoratori nella ricerca della prima occupazione e nella ricollocazione professionale in caso di perdita del lavoro ed alle imprese nelle fasi, sempre più pregnanti, di ristrutturazione e riorganizzazione.
Le innovazioni volte a implementare le politiche di “uscita” e quelle di “ingresso” dovranno essere, altresì, opportunamente accompagnate dall’introduzione strutturale di strumenti di flessibilità (misure previste a livello normativo: “collegato lavoro”; a livello contrattuale: “salari di ingresso”), in una logica costante di raccordo tra politiche di flessibilità e di protezione sociale.
Si è cercato inoltre di considerare quali politiche del lavoro rappresentino idonei strumenti per fronteggiare l’attuale situazione economica, declinando la flessibilità, non solo in termini organizzativi, ma anche contrattuali. Si è svolta anche una tavola rotonda sul tema “La ricollocazione professionale delle persone: strategie e buone pratiche”, con l’obiettivo di valorizzare lo strumento dell’outplacement.

Strategie di sviluppo

Il Convegno si è concluso con una tavola rotonda sulle “strategie di sviluppo: occupazione, politiche retributive e partecipazione dei lavoratori nelle imprese”, cui hanno preso parte Ichino, Castro, Damiano e Durante. In particolare, si è rilevato come il tema “occupazione” vada affrontato non solo con riferimento alla gestione degli esuberi, ma anche in relazione allo sviluppo dell’occupazione. In questi anni le imprese hanno dovuto gestire un fenomeno rilevante di esodi anticipati. In una situazione difficile per molti comparti produttivi e per il Paese in generale, è importante, anche mediante protocolli/accordi (per esempio il Protocollo del 16 dicembre, o l’accordo Intesa del 2 febbraio 2010), condividere la necessità di rilanciare l’occupazione e di favorire un ricambio generazionale e un equilibrato turnover. Si è poi rimarcato come, nell’ambito della gestione delle risorse umane, la crisi economica-finanziaria abbia imposto una riflessione sulle politiche retributive – nei confronti delle posizioni apicali, oltre che del management più esposto ai rischi del mercato finanziario – che sono state oggetto di interesse in sede regolamentare e risultano ovunque in evoluzione. In Italia, una prima linea di tendenza influenzata dalla “crisi” è per i dirigenti, una diminuzione dell’incidenza della retribuzione variabile a breve termine sulla retribuzione annua lorda (Ral), in parallelo a una sostanziale stabilità per i non dirigenti.
Da ultimo, si è trattato il tema della partecipazione dei lavoratori nell’impresa alla luce dell’avviso comune – sottoscritto il 9 dicembre 2009 da Sindacati confederali e Organizzazioni imprenditoriali, compresa l’ABI – sulle modalità di regolazione delle forme partecipative dei lavoratori secondo decisioni libere e responsabili delle parti aziendali.
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