All’OPERA!
di Silvia Attanasio, Marco Rotoloni
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19 Dicembre 2011
Il mondo delle operations bancarie a un punto di svolta. Tra automazione e outsourcing
Quando si parla di back office, in banca o altrove, si ha sempre in mente qualcosa di separato dal resto dell’azienda (non per niente nell’immaginario collettivo sta “dietro”), una realtà un po’ oscura, forse per l’assonanza tra back e black, il cui lavoro è anche poco conosciuto. Sicuramente il nome non aiuta a fare giustizia di una realtà che rappresenta oggi il cuore della macchina operativa delle banche, il luogo nel quale le operazioni vengono effettivamente eseguite, la concentrazione di competenze tecniche e specialistiche su molti processi bancari. Una recente ricerca
Abi-Lab sul tema ha fotografato diversi aspetti dei back office bancari, evidenziando una realtà in forte cambiamento, che svolge un ruolo chiave nell’esecuzione delle richieste della clientela. Gli obiettivi di contenimento dei costi e di erogazione di un servizio di qualità alla clientela, al centro delle strategie delle banche, investono in misura significativa le operations, chiamate a evolvere il proprio modello di lavoro nella ricerca di una sempre più complessa economicità della struttura e a promuovere iniziative di innovazione e cambiamento che propaghino i benefici lungo tutta la catena di erogazione del servizio.
Obiettivo efficienza!
In questo scenario si inseriscono anche le numerose iniziative che vedono impegnati i back office bancari, vere e proprie macchine operative all’interno delle quali l’attività bancaria viene effettivamente eseguita, che vedono oggi evolvere il proprio ruolo: alla concezione iniziale del back office come struttura a sé, per certi versi nettamente separata dal resto della banca, si va sostituendo una visione più integrata, nella quale i processi vengono visti in logica end-to-end, si costruiscono logiche di collaborazione quotidiana ponendo le competenze specialistiche del back office a servizio della rete e delle altre strutture aziendali, si persegue la flessibilità anche abilitando iniziative di job rotation del personale tra ruoli diversi e si avviano iniziative strutturate, talvolta su larga scala, per identificare margini di miglioramento qualitativo delle attività gestite. La revisione dei processi di lavoro, da un punto di vista organizzativo e tecnologico, rappresenta una componente essenziale per il raggiungimento di minori tempi di gestione delle pratiche e per ridurre il numero di anomalie da gestire. In modo particolare rileva a questo riguardo la forte spinta a introdurre modalità innovative di produzione e gestione elettronica di documenti in modalità paperless, un fronte di miglioramento in grado di produrre importanti benefici per la banca e per il cliente finale. Un’ulteriore leva utilizzata in modo particolare con l’obiettivo di focalizzare le risorse preziose della banca sulle attività a maggior valore aggiunto e sul core business aziendale è rappresentata dall’esternalizzazione, una soluzione adottata in via selettiva dalle banche italiane, che tendono ad affidare all’esterno soprattutto le fasi di attività caratterizzate da volumi elevati e intensa manualità, rispetto ai quali l’automazione può consentire di fare ulteriori passi avanti.
Un universo variegato
Le realtà di back office presenti nel settore bancario italiano sono anche molto diversificate: nell’ambito del campione analizzato coesistono realtà caratterizzate da una forte automatizzazione o da un significativo ricorso all’outsourcing, per le quali la struttura interna svolge un ruolo di risoluzione di problematiche e di monitoraggio complessivo, con altre nelle quali la presenza del cartaceo e volumi ingenti portano il back office a costituire una macchina operativa impegnata nel perseguire obiettivi di efficienza. L’analisi degli obiettivi assegnati alle strutture di back office e del perimetro di attività che li caratterizza consente di confermare alcune convinzioni diffuse e di cogliere elementi di novità: se da un lato gli obiettivi di efficienza operativa e di riduzione dei costi di lavorazione delle pratiche permangono ai primi posti per importanza, dall’altro si fa strada la percezione della presenza di competenze specialistiche essenziali all’interno del back office, alle quali è possibile assegnare un ruolo di supporto alla rete e di vera e propria responsabilità su processi caratterizzati da elevata complessità e volumi contenuti. Molte delle attività svolte all’interno della banca possono infatti essere “etichettate” come attività di back office, per l’assenza
di contatto con il cliente o per le caratteristiche specifiche del processo, tuttavia solo alcune di esse
vengono attualmente gestite presso le strutture accentrate. Si tratta di attività in carico alle filiali o alle aree territoriali, nelle quali spesso sono costituiti dei “middle office”, o gestite da specifici team all’interno di altre strutture della direzione centrale (come i crediti o la finanza). La riflessione su quali di questi ambiti possano essere utilmente accentrati e “industrializzati” è aperta e richiederà analisi puntuali per ciascun processo. L’individuazione di un “confine ottimale” tra front e back office è un tema di grande attualità: è necessario infatti che il percorso di ridisegno dei processi operativi in ottica di accentramento, sia in grado di assicurare un giusto equilibrio tra gli obiettivi di riduzione degli oneri operativi a carico della filiale e le opportunità di miglioramento della qualità del processo end-to-end e riduzione dei tempi di attraversamento complessivi.
Nuove funzioni, nuovo nome?
L’evoluzione che ha caratterizzato i back office bancari negli ultimi anni passa senz’altro attraverso l’obiettivo di comunicare alle altre strutture della banca il cambiamento che sta interessando la mission e il modo stesso di lavorare del back office: in molte realtà sono infatti in corso riflessioni sul possibile nuovo nome da dare a questa struttura. I punti deboli della denominazione “back office” sono prevalentemente due: da un lato l’intrinseca contrapposizione con il concetto di front end, dall’altro la difficoltà di comunicare un avvenuto cambiamento senza un restyling anche formale. Le parole chiave che riassumono, in estrema sintesi, i nuovi elementi che stanno caratterizzando l’evoluzione nel ruolo della struttura sono: efficienza, servizi, competenza e processi. La ricerca del nuovo nome si sta concentrando anche su ulteriori aspetti, in particolare la volontà di evidenziare il ruolo della struttura nella gestione dei processi di post-vendita e l’opportunità di considerare il contributo del back office nel miglioramento dei sistemi e delle procedure. Questi quattro elementi rappresentano i punti di forza sui quali i back office bancari stanno costruendo, ciascuno secondo le priorità della realtà di appartenenza, le direttrici di crescita del prossimo futuro e rispetto ai quali è già possibile osservare progetti rilevanti e risultati significativi.
Le risorse in campo
Lo stato dell’arte dei back office bancari è stato analizzato dall’Osservatorio ABI Lab dedicato a questo tema, che ha analizzato un campione di 18 back office bancari che servono nel complesso 154 banche rappresentative del 61% del sistema in termini di totale attivo e del 56% in termini di dipendenti e di sportelli. Analizzando le principali variabili oggetto di rilevazione, è possibile guardare all’orizzonte oggetto della rilevazione da più punti di vista: a fine 2010, all’interno delle strutture di back office partecipanti all’indagine, lavoravano complessivamente 11.290 risorse interne, articolate su 79 poli territoriali presenti in 17 regioni italiane e all’estero. In termini di costi, tali strutture sono costate nel 2010 complessivamente 694 milioni di euro. ■