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28 Marzo 2024 / 13:08
La marcia della moneta di plastica

 
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La marcia della moneta di plastica

di Daniele Di Giulio e Carlo Milani - 15 Luglio 2011
Anche se siamo ancora distanti dalla media europea, cresce l’utilizzo di Bancomat e carte di credito, alleati preziosi nella lotta contro l’economia sommersa
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un crescente utilizzo di nuovi strumenti di pagamento: Bancomat e carte di credito, ovvero la cosiddetta moneta di plastica o elettronica, stanno progressivamente prendendo il posto del contante e degli altri strumenti più tradizionali (assegni, bonifici e RID). In Italia la diffusione delle carte si è notevolmente intensificata negli ultimi 10-15 anni: la percentuale di pagamenti effettuata tramite carta (di debito o di credito) è passata da circa il 15% nel 1998 al 40% nel 2008. Nonostante l’utilizzo delle carte si stia significativamente diffondendo, i dati della Banca Internazionale dei Regolamenti segnalano che in Italia il numero di operazioni pro-capite effettuate con carte di pagamento risulta ancora molto contenuto nel confronto internazionale: nel 2008 nel nostro Paese è infatti risultato pari a 24,5 operazioni pro-capite (6 nel 1998), contro le 57 dell’Area euro, le 124,5 del Regno Unito (51 dieci anni prima) e le 191,1 degli Usa (69,4 nel 1998).
In un recente studio abbiamo analizzato il possesso e l’utilizzo della moneta di plastica presso le famiglie italiane tra il 1993 e il 2008, concentrandoci sulle determinanti socio-demografiche, culturali ed economiche che spiegano il maggiore o minore utilizzo delle carte di credito e di debito. Una particolare attenzione è data alla diversa diffusione della moneta di plastica tra macroaree geografiche, collegando questo fenomeno al tema dell’economia sommersa, di cui la cosiddetta “lotta al contante” rappresenta un importante e annoso tema di discussione per il policy maker. I dati mostrano che la percentuale di famiglie in possesso della carta di debito (credito) ha evidenziato un incremento tendenziale nel periodo di studio: è infatti passata dal 41,8% (13,2%) del 1993 al 63,6% (31,6%) del 2008. Tali percentuali si sono stabilizzate negli ultimi anni di rilevazione e hanno subito una lieve riduzione sia nel 2000 che nel 2008, gli anni di crisi e di maggior turbolenza per i mercati finanziari (vedi grafico). Anche la percentuale di utilizzo ha subito un incremento significativo, soprattutto tra i possessori del bancomat: mentre nel 1993 solo il 9,3% dei possessori utilizzava almeno una volta all’anno la carta di debito per effettuare pagamenti, nel 2008 il 73,8% la utilizzava almeno una volta al mese.

Identikit degli utilizzatori

Le stime effettuate sui diversi anni mostrano che, come atteso, la probabilità di possesso e di utilizzo del Bancomat aumenta significativamente all’aumentare del grado di istruzione, si riduce con il crescere dell’età e aumenta al crescere del reddito disponibile e all’aumentare dei consumi di beni non durevoli. Altre determinanti quali lo status del lavoratore, lo stato civile e la ricchezza immobiliare risultano invece avere un’influenza non stabile nel tempo e non sempre significativa in tutti gli anni di rilevazione. Con riguardo al possesso della carta di credito le determinanti sono molto simili a quelle che spingono ad avere un Bancomat, anche se il ruolo di alcune di esse sembra mostrare un effetto più accentuato: le famiglie con reddito più alto hanno una probabilità stimata di detenere una carta di credito significativamente più elevata rispetto alle famiglie a basso reddito (nel 2008 è pari a circa il 60%, contro il 9% delle famiglie più povere), mostrando un rapporto ben più elevato rispetto a quello evidenziato per il Bancomat. La carta di credito sembrerebbe dunque essere vista dalle famiglie come uno strumento più di élite. Vi sono invece meno variabili che spiegano significativamente e in maniera stabile nel tempo il comportamento delle famiglie in termini di utilizzo della carta di credito. Questi diversi risultati derivano principalmente dal fatto che la carta di credito può essere impiegata anche per ottenere dei finanziamenti, oltre che come strumento di pagamento.

Carte, territorio ed economia sommersa

Uno degli aspetti più rilevanti che emergono dalle stime effettuate risulta essere quello territoriale: la macroarea geografica di appartenenza risulta infatti avere un peso molto rilevante nello spiegare la diffusione della moneta di plastica. Le famiglie del Mezzogiorno e (in misura minore) del Centro mostrano infatti una probabilità di possesso e di utilizzo della carta di debito e una probabilità di possesso (e nel 2008 anche di utilizzo) della carta di credito significativamente minore rispetto a quelle del Nord Italia. Una possibile spiegazione della rilevanza dell’area di residenza può essere legata alla diversa diffusione dell’economia sommersa. Le analisi effettuate mostrano infatti una relazione negativa tra la diffusione della moneta di plastica e il tasso di economia sommersa. Sulla base degli ultimi dati disponibili, relativi al 2005, si può osservare (cfr. figura mappa di sinistra) come il fenomeno sia fortemente radicato nelle regioni del Mezzogiorno, abbia una certa incidenza nel Centro Italia e un basso rilievo al Nord. Ed esiste una relazione inversa tra la diffusione della moneta di plastica (mappa di destra), che sostituisce quindi la moneta tradizionale, e il lavoro irregolare, proxy della diffusione del sommerso. Nello specifico, calcolando la correlazione tra queste due grandezze, si rileva una relazione fortemente negativa (tra il -80 e il -90% nei diversi anni considerati).
Il nesso di casualità tra i due fenomeni può tuttavia essere biunivoco. Tramite l’utilizzo di metodologie statistiche che risolvono i problemi di stima derivanti da questa relazione di simultaneità, si dimostra che un incremento di 10 punti percentuali della quota di famiglie detentrici di carte di debito/credito può comportare una riduzione del tasso di lavoro irregolare per circa mezzo punto percentuale. Nell’ipotesi migliore in cui le carte di debito/credito si diffondessero anche presso tutte quelle famiglie che al momento ne sono sprovviste, l’economia irregolare arriverebbe a perdere fino a due punti percentuali del suo bacino di utenza. L’effetto in termini di emersione del sommerso è stimabile tra i 10 e i 40 miliardi di euro (all’incirca tra 0,5 e 3 punti di Pil, tra il 5 e il 15% circa dell’ammontare complessivo del sommerso).
Dai risultati ottenuti sembra emergere una convergenza di obiettivi tra sistema bancario e sistema Paese. Gli obiettivi che la politica economica da tempo si pone, in termini di accrescimento del grado di istruzione, di crescita del reddito e di minor dualismo tra Nord e Sud, se ben perseguiti, possono infatti portare anche a una maggior diffusione dei nuovi strumenti di pagamento elettronici, che a loro volta portano dei benefici per l’intera collettività grazie alla possibilità di far emergere quote di economia sommersa.
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